In qualità di sindaco, ho modo di constatare direttamente l’atteggiamento piuttosto esigente dei rifugiati con status di protezione. Abbiamo a che fare con mancanza di rispetto e scarsa volontà di integrazione. Il carico da sostenere per i Comuni è enorme.
Da oltre tre anni molti cittadini ucraini beneficiano dello status di protezione S in Svizzera. Attualmente sono circa 70’000 gli ucraini che godono di tale status. I costi a carico della Confederazione ammontano a 1,25 miliardi di franchi.
All’inizio era chiaro che queste persone avevano bisogno di supporto. La Svizzera ha aiutato in modo rapido, semplice e generoso. Ma ora è tempo di parlare apertamente delle problematiche.
I proprietari di immobili, gli assistenti dei richiedenti asilo e le autorità si trovano ad affrontare sfide sempre più complesse, che non si riscontrano con altri gruppi di rifugiati. L’atteggiamento di alcuni beneficiari dello status di protezione S nei confronti delle autorità e dei servizi sociali è problematico: non sono isolati casi di mancanza di rispetto, scarsa disponibilità a collaborare o mancanza di volontà di integrarsi e lavorare. Anziché gratitudine, spesso prevalgono un atteggiamento di pretesa e una mentalità consumista.
«Non vivo con gli afghani»
È interessante notare che questi problemi non si riscontrano solitamente tra coloro che sono effettivamente colpiti dalla guerra. Le persone che sono semplicemente in possesso di un passaporto ucraino o provengono da regioni meno colpite sono piuttosto esigenti e difficili.
Un altro problema è la discriminazione nei confronti di altri rifugiati, in particolare quelli provenienti dall’Afghanistan. Affermazioni come «Non vivo con gli afghani» sono inaccettabili e rendono molto difficile l’inserimento. Eppure nella nostra comunità abbiamo avuto esperienze piuttosto positive con i rifugiati afghani: molti di loro si impegnano concretamente per integrarsi, imparano il tedesco, trovano lavoro e si assumono responsabilità. Lo status S dovrebbe prendere esempio da loro.
Oggi status S, domani assistenza sociale
La Svizzera offre protezione e sostegno ai rifugiati, non ai turisti. Chi si comporta come se fosse in un hotel dovrebbe anche pagare per questo. Chi ha bisogno di protezione dovrebbe fare la propria parte per integrarsi. Il fatto che dopo cinque anni lo status di protezione S si trasformi in un permesso di soggiorno, con tutti i diritti che ne derivano, ad esempio il diritto all’assistenza sociale, lascia l’amaro in bocca. Oggi abbiamo questi «ospiti d’albergo» con lo status S, domani li avremo con l’assistenza sociale. Questo è semplicemente insostenibile, soprattutto per i piccoli Comuni. Chi resta deve integrarsi, con rispetto, impegno e la consapevolezza che l’aiuto non è una strada a senso unico.