Dazi USA: rafforzare la Svizzera invece di indebolirla
I dazi punitivi del 39% imposti dagli Stati Uniti su diversi prodotti svizzeri d’esportazione sono un campanello d’allarme. Un cattivo accordo con l’UE non è una soluzione. Occorrono interventi concreti per alleggerire le imprese sul fronte fiscale e ridurre il carico burocratico.

Secondo l’Amministrazione federale delle dogane, nel 2023 la Svizzera ha esportato merci per un valore di circa 55 miliardi di franchi verso gli Stati Uniti – più che verso la Germania o la Cina. Quasi metà di queste esportazioni proviene dall’industria chimico-farmaceutica, settore finora solo parzialmente toccato dalle nuove tariffe, ma comunque sotto pressione.
Il mercato statunitense ha un’importanza strategica per l’economia svizzera e trascurarlo non è un’opzione. Ora urge una leadership politica vera e non semplici lamentele. E soprattutto non dobbiamo rifugiarci nella burocrazia dell’UE, che costerebbe ancora di più senza risolvere il problema dei dazi.
Cosa occorre fare?
Primo: il Consiglio federale deve avviare immediatamente negoziati con Washington per la revoca o almeno la compensazione delle tariffe. A tal fine è fondamentale una valutazione accurata della situazione settore per settore. L’obiettivo deve essere quello di riequilibrare la bilancia commerciale.
La Svizzera deve anche sottolineare che le nostre imprese investono già massicciamente negli Stati Uniti e che gli USA registrano con il nostro Paese un surplus significativo nei servizi, stimato in decine di miliardi di franchi.
Allo stesso tempo, il Consiglio federale deve impedire che i prodotti svizzeri vengano ulteriormente rincarati da regolamenti interni e da un eccesso di burocrazia.
Secondo: serve un chiaro piano d’azione per rafforzare l’economia svizzera orientata all’esportazione:
- eliminazione rapida degli ostacoli al commercio e dei costi regolatori
- blocco di nuovi oneri burocratici come la legge sulla responsabilità d’impresa o la legge sul CO₂
- correttivi all’introduzione dell’imposta minima OCSE per salvaguardare la competitività
- sgravi fiscali concreti per le imprese
- ampliamento della rete globale di accordi di libero scambio – con un focus su USA, Asia e America Latina
Terzo: il pugno duro dei dazi USA non deve diventare il pretesto per costringere la Svizzera a firmare il nuovo trattato di sottomissione all’UE. Tale accordo minerebbe la nostra sovranità, aumenterebbe ulteriormente l’onere normativo e ridurrebbe la competitività – senza apportare alcun miglioramento nei rapporti con gli Stati Uniti. Sarebbe un autogol da manuale.
La Svizzera è forte se rimane indipendente, difende con determinazione i propri interessi e continua a perseguire la sua intelligente politica di libero scambio a livello globale.