Grazie alle costanti pressioni dell’UDC, il Consiglio federale non ha firmato l’accordo-quadro istituzionale con l’UE. Ma la partita è solo rimandata: il governo vuole rinegoziare con Bruxelles i punti che si annunciano conflittuali per la Svizzera, come la direttiva sulla cittadinanza europea, gli aiuti pubblici e la protezione dei salari. Ma l’UDC chiede una soluzione per i problemi di fondo che l’accordo-quadro pone, ossia la ripresa automatica del diritto UE e le competenze di giudici stranieri in Svizzera. Essa invita perciò il Consiglio federale a rifiutare questo accordo-quadro che compromette gravemente l’indipendenza, la democrazia diretta e la prosperità della Svizzera.
L’UDC considera un successo parziale da registrare al suo attivo il fatto che il Consiglio federale abbia rinunciato, nella sua seduta odierna, a firmare il progetto di accordo-quadro istituzionale con l’UE. Successo parziale, perché in realtà il governo dovrebbe, nell’interesse della Svizzera e della sua popolazione, rifiutare questo accordo che spinge insidiosamente la Svizzera nell’UE, compromettendo gravemente l’indipendenza, la democrazia diretta, il federalismo e la prosperità del nostro paese.
Ma invece di difendere gli interessi della popolazione svizzera, come sarebbe suo dovere, il Consiglio federale segue ciecamente le miopi rivendicazioni delle associazioni economiche, come economiesuisse, Swissmem, scienceindustries e l’associazione svizzera dei banchieri. Queste hanno invitato pubblicamente, a inizio giugno, il Consiglio federale a dare un segnale positivo all’UE e a cercare di “chiarire” i punti ancora controversi dell’accordo-quadro, ossia in particolare le misure d’accompagnamento, gli aiuti pubblici e la direttiva sulla cittadinanza europea.
Il Consiglio federale minimizza l’immigrazione
Ci si poteva attendere che il Consiglio federale rifiutasse l’iniziativa per la limitazione, ma la sua decisione di opporle un controprogetto è una sorpresa, tanto più che il governo ammette i gravi inconvenienti che l’accordo di libera circolazione con l’UE ha causato alla Svizzera. Fra le principali vittime di questo accordo si contano i salariati anziani che sono estromessi dl loro posto di lavoro da una manodopera straniera a buon mercato. Non è ormai più possibile negare i gravi inconvenienti della libera circolazione delle persone – e che si aggraveranno in una situazione economica incerta.
Ma la libera circolazione delle persone e il suo corollario, l’immigrazione di massa in Svizzera, non hanno degli effetti nocivi solo sul mercato del lavoro. Durante gli scorsi undici anni, circa un milione di persone è immigrato in Svizzera, il che non impedisce minimamente al Consiglio federale di minimizzare questo problema perché il saldo migratorio netto era di 75 000 persone nel 2008 e di 65 000 persone nel 2013. Gli effetti di questa immigrazione di massa li risentiamo quotidianamente: strade intasate, treni sovraccarichi, paesaggi cementificati e aumento massiccio del consumo di energia.
Attivismo cieco invece di vere soluzioni
Ma invece di finalmente gestire in modo autonomo l’immigrazione, il Consiglio federale si lancia in un cieco attivismo tentando di correggere i gravi inconvenienti della libera circolazione delle persone e di una politica d’asilo lassista. Bisognerà verificare se le misure superficiali proposte dal Consiglio federale siano efficaci, ma ciò che si può affermare già sin d’ora è che la proposta di creare una rendita-ponte è completamente fuori posto. Questa soluzione manca totalmente il bersaglio. Il suo principale effetto sarà di facilitare il licenziamento dei lavoratori anziani, consolandoli con una rendita ponte, per poi rimpiazzarli con manodopera più giovane e meno costosa importata grazie alla libera circolazione delle persone. L’UDC s’oppone categoricamente a questo modo di procedere.
Il Consiglio federale osa suggerire che l’iniziativa contro l’immigrazione di massa approvata dal popolo nel 2014 è stata applicata e che “il potenziale di manodopera indigena è incentivato in maniera mirata”. È più che falso. Il Parlamento non ha applicato una sola delle disposizioni dell’iniziativa. La Svizzera continua a non gestire in maniera autonoma l’immigrazione nel suo territorio e il Parlamento ha messo in vigore, contro il parere dell’UDC, una presunta preferenza indigena che nella pratica non funziona.