Il trattato di sottomissione all’UE danneggia la nostra istruzione

Il trattato di sottomissione all’UE danneggia anche il nostro settore dell’istruzione. Con il nuovo accordo UE, la Svizzera dovrebbe tornare a partecipare a programmi di istruzione e ricerca come Erasmus+ e Horizon Europe. Quello che a prima vista sembra un passo avanti, si rivela invece un pericoloso buco nell’acqua: la Svizzera dovrebbe sborsare miliardi e non avrebbe più voce in capitolo nelle università: l’accordo UE è un vero e proprio trattato di sottomissione.

Roman Hug
Roman Hug
Consigliere nazionale Says (CH) (GR)
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Il trattato di sottomissione all’UE porta anche nelle nostre università un’immigrazione fuori controllo. Particolarmente preoccupante è la prevista parità di trattamento degli studenti dell’UE. Finora le università svizzere hanno potuto garantire una distribuzione equilibrata grazie a quote e tasse più alte per gli stranieri, come ad esempio l’Università di San Gallo con la sua quota di stranieri del 25%, collaudata da decenni. In futuro, modelli di questo tipo non sarebbero più possibili: l’UE chiede che gli studenti dell’Unione abbiano libero accesso alle università e che paghino le stesse tasse degli studenti locali.

Cosa significa questo in concreto per le università svizzere? Ancora più studenti dall’UE, senza che la Svizzera possa controllarne il numero. Nel trattato mancano clausole di salvaguardia.

  • Già oggi quasi uno studente su tre viene dall’estero.
  • Il numero di studenti stranieri è più che triplicato dal 2000, passando da 14’017 a 49’433. E questo numero aumenterebbe ancora di molto.
  • Decine di migliaia di studenti dell’UE frequentano già oggi le migliori università svizzere, come il Politecnico federale di Zurigo (ETH) e il Politecnico federale di Losanna (EPFL). La Svizzera paga per la loro formazione.
  • Gli studenti dell’UE beneficiano dei miliardi investiti dalla Svizzera nell’istruzione, finanziati dai contribuenti svizzeri.
  • Le carenze di capacità nei corsi di studio più richiesti, come medicina, continuerebbero ad aggravarsi a scapito dei diplomati svizzeri.

Altri paesi, come l’Austria, hanno introdotto quote per tutelare i propri studenti. La Svizzera no: questo dimostra come questo accordo sia stato mal negoziato.

L’ideologia dell’UE al posto di vantaggi pratici

L’accordo con l’UE è un rischio anche dal punto di vista finanziario. In futuro, la Svizzera dovrebbe pagare circa 170 milioni di franchi all’anno per Erasmus+, tre volte di più rispetto al precedente programma nazionale di scambio. Anche il programma di ricerca dell’UE Horizon Europe costa centinaia di milioni di franchi all’anno: la Svizzera dovrà sborsare oltre 6 miliardi di franchi per il periodo 2021-2027. E questo senza se e senza ma, perché la Svizzera non ha voce in capitolo.

In più, Horizon ed Erasmus+ sono pieni di obiettivi politici dell’UE come la digitalizzazione, la protezione del clima, le questioni di genere e l’inclusione. Invece di una ricerca aperta su diversi temi e soprattutto aperta ai risultati, l’UE promuove una ricerca ideologica unilaterale.

Altro punto delicato è costituito dai costi aggiuntivi derivanti dall’aumento del numero di studenti UE, oggi in parte compensati da tasse più elevate, dovrebbero essere sostenuti dai Cantoni o dalle università. Ciò graverebbe sul sistema educativo o comporterebbe un aumento delle tasse per tutti.

Sovranità a rischio

L’accordo non è solo costoso, ma interferisce in misura importante con la sovranità del nostro Paese. In futuro, la Svizzera potrebbe essere costretta a seguire le regole dell’UE nel campo dell’istruzione, per esempio per quanto riguarda le ammissioni, il riconoscimento dei diplomi o la strutturazione degli studi. Non è previsto alcun diritto di veto sulle modifiche apportate a Erasmus+ o Horizon.

Senza avere una voce in capitolo garantita negli organi decisionali di Erasmus+ e Horizon, dobbiamo accettare le regole decise a Bruxelles, il che ci ridurrebbe a semplici spettatori paganti al tavolo europeo dell’istruzione. È particolarmente preoccupante che la partecipazione sia garantita solo fino al 2027. Dopo di che, l’attuale pacchetto di programmi dell’UE scadrà e qualsiasi ulteriore partecipazione dovrà essere rinegoziata. Non c’è una garanzia vincolante di continuazione. La Svizzera rimane quindi in una situazione di continua incertezza, dipendente dalla volontà politica di Bruxelles. Per le nostre università e i nostri istituti di ricerca questo significa nessuna sicurezza nella pianificazione, nessuna affidabilità e nessuna sovranità.

Le migliori università sono fuori dall’UE

Invece dell’autodeterminazione, il Consiglio federale sacrifica la sovranità fondamentale in nome dell’«integrazione». Le università svizzere perdono la loro autonomia, i Cantoni subiscono un ulteriore onere finanziario e la popolazione svizzera deve pagare ancora di più.

Questo accordo non è un progresso, ma un passo indietro. La Svizzera ha bisogno della cooperazione internazionale in materia di istruzione, ma non a costo di rinunciare alla propria sovranità. Un «sì» a Erasmus+ e Horizon non può significare un «no» alla sovranità. La Svizzera non deve in nessun caso rinunciare al suo sistema educativo unico e di grande successo. Anche per questo diciamo NO al trattato di sottomissione all’UE. Ciò sarebbe sostenibile per la Svizzera come sede di ricerca, tanto più che le migliori università del mondo si trovano tutte al di fuori dell’UE.

La consigliera nazionale dell’UDC e imprenditrice Magdalena Martullo-Blocher smaschera, nel podcast del giornale “Schweizerzeit” sul trattato di sottomissione all’UE, i miti e le false promesse dei sostenitori dell’UE in Consiglio federale e in Parlamento. Ascoltate qui il podcast.

Roman Hug
Roman Hug
Consigliere nazionale Says (CH) (GR)
 
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