Prima della votazione sugli accordi bilaterali I, i sostenitori dell’UE e della libera circolazione delle persone avevano accantonato tutti i timori espressi dalla popolazione e dalla parte avversa, inerenti a un massiccio aumento dell’immigrazione. Senza alcun ritegno, il Consiglio federale osava scrivere nelle sue spiegazioni di voto concernenti gli accordi bilaterali I: «Come mostrano le esperienze nell’UE, i timori dei comitati referendari secondo cui la Svizzera sarebbe invasa da cittadini comunitari non sono motivati. In realtà, i movimenti migratori all’interno dell’UE sono esigui.»
A quell’epoca come oggi, la “realtà” che il Consiglio federale percepisce nella sua torre d’avorio è ben diversa dalla realtà della vita. Il Consiglio federale si basava allora su una previsione del professore tedesco Thomas Straubhaar, che pronosticava un’immigrazione netta massima di 10’000 persone l’anno. Con un decennio di ritardo – gli scienziati hanno a volte uno spirito piuttosto lento – questo professore ha ammesso, qualche settimana fa di fonte ai media, di avere totalmente sottovalutato la situazione. Un’occhiata nella sfera di cristallo, nei fondi del caffè o un lancio di dadi avrebbero senza dubbio dato dei pronostici più attendibili di quegli studi pseudo-scientifici su cui si basava il Consiglio federale. Durante i dieci anni che hanno fatto seguito all’introduzione della totale libera circolazione delle persone, ossia dal 2007, non sono infatti 100’000 bensì 800’000, in cifra netta, le persone venute a insediarsi in Svizzera.
Questi immigranti creano susseguenti investimenti e costi enormi. Permettetemi d’illustrarvi alcune cifre a questo proposito. Per permettere a 800’000 persone di vivere in Svizzera , occorrono:
È vero che queste 800’000 persone non sono entrate tutte in Svizzera grazie alla libera circolazione delle persone. “Solo” 550’000 di loro hanno approfittato di questa via. Il resto proveniva da Stati terzi e, in gran parte, dall’asilo. Queste cifre indicano tuttavia chiaramente che gli immigranti non portano soltanto vantaggi alla Svizzera, ma provocano anche dei costi e dei molteplici inconvenienti per la popolazione residente.
I costi sono più elevati dei benefìci
Io sono convinto che i costi causati dall’immigrazione di massa siano molto più elevati dei benefìci che gli immigranti apportano alla Svizzera. Il professore citato sopra è di avviso diverso e, non appena riconosciuta l’erroneità del suo pronostico, ecco che commette un altro errore di valutazione. Per lui non è grave se un numero d’immigranti ben più alto del previsto è arrivato in Svizzera. Al contrario, afferma, perché questi immigranti hanno fatto aumentare il prodotto interno lordo. Da sempre, la Berna federale e le organizzazioni economiche svizzere evitano accuratamente di menzionare nelle loro dichiarazioni il PIL pro capite, che è realmente determinante per valutare la prosperità della popolazione. Gli effetti degli accordi bilaterali e della libera circolazione delle persone sul PIL sono diversamente, e a volte negativamente, interpretati dagli scienziati. Ciò che conta per l’UDC, tuttavia, è la realtà della vita della popolazione. E, considerando questa realtà, si constata che, per esempio, gli affitti sono massicciamente aumentati, come pure i prezzi delle proprietà fondiarie. Il numero di ore negli intasamenti stradali è più che raddoppiato dal 2007. La pressione sui salari cresce e le persone ultracinquantenni fanno sempre più fatica a trovare lavoro. Inoltre, i premi dell’assicurazione-malattia aumentano costantemente del 4-5%. Senza parlare poi dei cambiamenti culturali e dei gravi confronti sul posto di lavoro, nelle scuole e nei quartieri problematici delle città.
Osservate l’ambiente in cui vivete e la disoccupazione, osservate gli oneri imposti alle istituzioni sociali, gli affitti e i premi dell’assicurazione-malattia, le strade intasate e i treni sovraffollati, osservate gli aumenti di salario degli ultimi dieci anni e tirate le vostre conclusioni sulle affermazioni ripetute all’infinito dai politici, dai funzionari di associazioni economiche e sindacali, come pure da scienziati pagati profumatamente dallo Stato, e dai giornalisti.