Discorso

Sovranità e neutralità, premessa per una Svizzera libera e di successo

Discorso del 5 aprile 2025 tenuto in occasione dell’assemblea generale ordinaria di PRO SVIZZERA Sala polivalente della caserma di Berna, Berna 

Christoph Blocher
Christoph Blocher
ex-Consigliere nazionale Herrliberg (ZH)
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Signor presidente,

Professor Linder,

Gentili signore e signori, membri attuali e del passato del Parlamento federale e dei Parlamenti cantonali,

Gentili membri delle autorità, membri di Pro Svizzera, gentili ospiti e concittadini,

  • Liebe Frauen und Männer!
  • Chers amis de la Suisse romande
  • Cari amici della Svizzera italiana
  • Caras amicas da la Svizra romontscha

Sempre lo stesso messaggio

Ultimamente, una giornalista mi ha rimproverato: «Parlate sempre della stessa cosa da quarant’anni». Sì, signore e signori, non si può mai parlare abbastanza dell’importanza dell’indipendenza svizzera e della salvaguardia della neutralità, poiché queste sono minacciate da quarant’anni – dall’interno.

I nemici dell’indipendenza si trovano nel nostro stesso Paese, hanno prestato giuramento per la salvaguardia dell’indipendenza e continuano a generare nuovi strumenti e nuove persone per distruggere, su questo cammino fatale per il nostro Paese, il nostro apprezzabile ordinamento statale svizzero – in particolare l’indipendenza e la neutralità.

Questo deve essere impedito, poiché se i nostri avversari vincono, le conseguenze per il nostro Paese saranno mancanza di libertà e guerra.

Lo dico e lo ripeto anche in questa sede: le colonne della Svizzera come autodeterminazione, indipendenza, neutralità, benessere, diritti del Popolo e libertà devono essere difese. Attualmente la classe politica sta gettando al vento il magnifico caso speciale della Svizzera, e questo nonostante queste colonne statali abbiano reso forte il nostro Paese.

Signore e signori, a Berna non si rendono conto dei pericoli di guerra che esistono proprio oggi? Siamo sul punto di farci trascinare in guerre. Per la prima volta il piccolo Stato della Svizzera si è rivolto come parte in conflitto contro una grande potenza atomica, si è intromesso in affari altrui e si è quindi reso parte di un conflitto!

Salvaguardare la neutralità svizzera

È urgente difendere la neutralità svizzera. La neutralità svizzera, ovvero la neutralità permanente, armata e integrale, è lo strumento più importante per la salvaguardia della pace per il nostro Paese. Questo vale in particolare nei nostri giorni. Essa garantisce che un nemico non attacchi la Svizzera. Tuttavia, la credibilità, l’affidabilità e la fiducia nella neutralità permanente sono prerequisiti per prevenire la guerra.

Il divieto di intromettersi in affari esterni riguarda non solo le missioni militari all’estero, ma anche misure di coercizione non militari (sanzioni economiche, sanzioni diplomatiche, restrizioni ai viaggi, ecc.).

Solo una tale neutralità è credibile e sarà rispettata dagli altri Stati. Questa è la differenza rispetto alla «normale» neutralità, come la praticavano in passato Paesi come la Finlandia o la Svezia fino al loro ingresso nella NATO nel 2024.

La Svizzera è rimasta risparmiata dalle terribili conseguenze della Prima e della Seconda guerra mondiale solo grazie alla sua neutralità armata e permanente. E anche nella successiva guerra fredda, ha potuto affermare la sua indipendenza e libertà. È da irresponsabili voler rinunciare a tutto questo!

Neutralità o guerra

La Svizzera ha l’alternativa: neutralità integrale o guerra? Solo attraverso la neutralità integrale la Svizzera può evitare di essere coinvolta in conflitti. Solo così la Svizzera non sarà per nessuno parte in guerra. Essa non è amica di nessuna parte in guerra, ma nemmeno un nemico. Questo protegge da un attacco al nostro Paese.

Naturalmente, non si ha mai una sicurezza al cento per cento. Nonostante la neutralità, uno Stato potrebbe anche ignorare la neutralità permanente e attaccare la Svizzera.

Tuttavia, affinché il nemico non lo faccia, deve incontrare una resistenza militare. Questa deve dissuaderlo.

L’aggressore dovrà pensarci bene se valga la pena non solo violare la neutralità permanente di un Paese, ma anche esporsi al grande danno di una resistenza militare. Un’analisi costi/benefici deve indurre un potenziale nemico a non attaccare. Questa è la cosiddetta dissuasione di un esercito credibile.

L’armamento della Svizzera dissuade l’aggressore, ma come la neutralità permanente, anche l’Esercito svizzero è stato trascurato. La neutralità e l’esercito devono essere rimessi in ordine. È urgente.

Chi si discosta dalla neutralità svizzera, chi sostiene una flessibilizzazione o una relativizzazione della neutralità, chi è favorevole a un avvicinamento alla NATO o addirittura all’adesione alla NATO, apre la strada alla guerra in Svizzera. Allo stesso modo, chi adotta sanzioni economiche o strumenti diplomatici contro Stati terzi attira il nemico.

Sì all’iniziativa sulla neutralità

Sì, signore e signori, i principali politici svizzeri vogliono abbandonare questo collaudato sistema di prevenzione della guerra – la neutralità svizzera. Hanno la smania di mettersi in luce e vogliono immischiarsi in «affari esterni». Desiderano partecipare senza freni e con disinvoltura a guerre altrui. Questo deve essere impedito con ogni mezzo. I cittadini hanno bisogno di protezione – la salvaguardia della piena neutralità porta a questa protezione.

Per questo motivo è stata presentata l’iniziativa sulla neutralità, su cui la Svizzera sarà chiamata a votare presumibilmente nel 2026.

Cosa vuole questa iniziativa?

L’iniziativa sulla neutralità vuole concretizzare la neutralità svizzera indipendente mediante l’articolo 54a della Costituzione federale, affinché non possa essere interpretata a piacere. Il testo recita quanto segue:

  1. La Svizzera è neutrale. La sua neutralità è armata e permanente.
  2. La Svizzera non aderisce ad alleanze militari o difensive. È fatta salva una collaborazione con tali alleanze in caso di aggressione militare diretta contro la Svizzera o in caso di atti preparatori in vista di una simile aggressione.
  3. La Svizzera non partecipa a scontri militari tra Stati terzi e non adotta neanche misure coercitive non militari nei confronti di Stati belligeranti. Sono fatti salvi gli obblighi verso l’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) e i provvedimenti volti a impedire l’elusione delle misure coercitive non militari adottate da altri Stati.
  4. La Svizzera si avvale della propria neutralità permanente per prevenire e risolvere conflitti e offre i propri buoni uffici in qualità di mediatrice.

Questa neutralità credibile proteggerà la Svizzera dalla guerra. Se verrà rifiutata, il pericolo di guerra per la Svizzera aumenterà notevolmente.

Nascita della pace perpetua

Tuttavia, l’attuale classe politica non distrugge solo la neutralità svizzera, ma anche il bene inestimabile dell’indipendenza. Le forze motrici a Berna vogliono continuare a dirigersi verso l’UE, verso la NATO. Ovunque, nelle strutture internazionali che minano l’indipendenza statale. Dentro, dentro – e su in cima al palco per la foto di gruppo inscenata dai media con tutti i capi di Stato.

Dopo che nel 1989 è stata sancita la fine della guerra fredda tra Est (l’allora Unione Sovietica) e Ovest (NATO e principalmente gli Stati Uniti), poiché l’Unione Sovietica come Paese socialista ha fallito economicamente, i politici hanno perso la testa anche in Svizzera.

Dicevano: «Non ci sarà mai più guerra, i confini sono superflui, possiamo andare tutti insieme, abbiamo la stessa scala di valori». Non vedevano motivo per continuare a restare legati alla Svizzera.

E così si è giunti al contratto sull’adesione allo Spazio economico europeo (SEE). Ma il bel nome esigeva che la Svizzera si sarebbe dovuta impegnare ad adottare il diritto del mercato interno attuale e futuro dell’allora Comunità europea (oggi UE). La Svizzera avrebbe così sacrificato la sua indipendenza a favore dell’UE – una colonizzazione volontaria della Svizzera. Eppure: tutte le persone più influenti volevano questo contratto. La loro superiorità era numericamente enorme, anche sotto il profilo della loro influenza. Tuttavia, signore e signori, la classe politica ha fatto i conti senza l’oste: noi – all’epoca l’ASNI – noi ultimi mohicani, anche allora eravamo favorevoli alla Confederazione svizzera, ci siamo opposti al SEE convinti che l’indipendenza svizzera non doveva essere sacrificata e che in futuro la Svizzera sarebbe stata in una posizione migliore rispetto all’UE.

Anche se i nostri avversari minacciavano che con un no al SEE la Svizzera sarebbe diventata povera, il Popolo svizzero ha detto no al contratto SEE.

Il miracolo del 1992

Sì, signore e signori, il 6 dicembre 1992 abbiamo assistito a un miracolo allorché il sovrano svizzero, con una partecipazione di quasi l’80 per cento, ha deciso di votare No al SEE, No all’adesione all’UE. Gli elettori e i Cantoni hanno deciso: la Svizzera deve rimanere un Paese indipendente. Che Popolo maturo!

Dopo questo risultato chiaro, credevamo che la questione con l’UE fosse ormai risolta.

Un no ignorato

Ma ahimè! La classe politica non ha mai riconosciuto internamente il risultato del 1992 e ha pertanto cercato di ingannare gli elettori.

Oggi i protocolli del Consiglio federale del 1994 sono accessibili. Si possono leggere. Io l’ho fatto, e potete farlo anche voi.

Ecco un esempio: circa un anno dopo il voto, il Consiglio federale si lamentava fortemente della stupidità degli elettori. Il consigliere federale Villiger del PLR sosteneva che era naturalmente triste se il Consiglio federale perdeva la fiducia perché la maggioranza del Popolo seguiva i «bugiardi». Sicuramente non si riferiva ai bugiardi che, con la libera circolazione delle persone, affermavano che ogni anno sarebbero arrivati in Svizzera al massimo 8000–10 000 immigrati dell’UE. Oggi sappiamo che erano dieci volte di più. Non so ancora cosa ci fosse di sbagliato – anzi, persino di falso – nei nostri argomenti.

E il consigliere federale Cotti dell’allora PPD – sempre secondo il protocollo – dice che «anche se il Popolo ha votato diversamente, noi faremo il contrario, poiché una votazione popolare non può cambiare la storia».

Da quel momento in poi, è stato fatto ufficialmente tutto il possibile per sabotare la decisione sul SEE. L’Amministrazione ha stipulato Accordi bilaterali con l’UE. E fin qui non ci sarebbe nulla di male. Un contratto bilaterale è semplicemente un «contratto tra due parti». Tutta la nostra vita è composta da contratti bilaterali: quando affittate un appartamento, stipulate un contratto bilaterale. Quando comprate un chilo di patate, si tratta di un contratto bilaterale. Uno dà le patate, l’altro i soldi. Compratore e venditore sono sullo stesso piano – alla pari. Anche gli Accordi bilaterali con l’UE sarebbero stati accettabili se fossero stati stipulati con l’intenzione di non aderire all’UE. Ma l’intenzione – il motivo – dell’Amministrazione era di stipulare Accordi bilaterali per legare la Svizzera all’UE e infine condurla nell’UE. Una strategia perfida. Al Popolo svizzero è quindi stato presentato un pacchetto di contratti – infarcito con una clausola ghigliottina. Così con Bruxelles è stata concordata una libera circolazione delle persone che all’epoca in Svizzera nessuno voleva – neanche l’economia. Il direttore operativo dell’associazione economica «Vorort» – oggi chiamata Economiesuisse – dichiarò che la libera circolazione delle persone sarebbe stata la cosa peggiore per la Svizzera, e che quindi non si doveva mai fare.

Eppure l’hanno fatto perché volevano portarci nell’UE. Questo ci ha creato oggi un danno enorme. La conseguente forte immigrazione è la causa di quasi tutte le difficoltà che si riscontrano in Svizzera: nelle scuole, nella criminalità, nella mancanza di alloggi, negli ingorghi stradali, nell’esplosione dei premi delle casse malati, ecc. La libera circolazione delle persone è il peggior contratto.

Il Popolo se n’è accorto subito e ha quindi approvato l’iniziativa contro l’immigrazione di massa. Ecco perché oggi nella Costituzione federale è scritto: la libera circolazione delle persone deve essere revocata. Ma i politici – a eccezione dell’UDC – hanno solo riso e hanno ignorato con arroganza questa disposizione della Costituzione federale. Il loro giuramento si è rivelato anche in questo caso un falso giuramento. Il Popolo l’ha approvato, è scritto nella Costituzione federale – nero su bianco –, ma i politici che hanno giurato di rispettare la Costituzione hanno eluso la decisione popolare.

2021: fallito l’accordo quadro

E così la sventura è culminata in ulteriori scandali. L’UE è diventata sempre più sicura di sé e ha chiesto alla Svizzera: dovete stipulare con noi un accordo quadro in cui la Svizzera si impegna ad adottare il diritto del mercato interno dell’UE – sia quello attuale che quello futuro, proprio come nel contratto SEE respinto. E se la Svizzera non lo fa, dovrà aspettarsi sanzioni. E in caso di controversie, sarà la Corte di giustizia europea ad avere l’ultima parola. Quindi: la Svizzera si sottomette alla giurisdizione della controparte.

Nessun Paese al mondo ha mai fatto qualcosa di così folle: l’UE emetterà in futuro leggi per la Svizzera, e il nostro Paese dovrà accettare i giudici stranieri – e per giunta i giudici della controparte. Fine della sovranità della Svizzera, fine del privilegio federale, che stabilisce chiaramente: «Non vogliamo avere giudici stranieri».

Tuttavia, si è intravisto un barlume di speranza: il Consiglio federale ha realizzato il disastro e nel 2021 ha avuto la grandezza di comunicare all’UE che non avrebbe accettato questo diktat. È stata un’immagine meravigliosa allorché l’allora presidente della Confederazione Guy Parmelin – il viticoltore – si è presentato in maniera risoluta davanti alla signora von der Leyen dicendo che «la Svizzera non può firmare questo contratto». È stato un grande momento, il nostro governo ha dimostrato coraggio.

2025: un contratto di sottomissione fatale

Ma né l’UE né la nostra classe politica si sono arrese. E sfortunatamente il Consiglio federale si è piegato. Hanno continuato a fare pressioni. E così ci troviamo di nuovo di fronte alla stessa questione fatale. Il contratto non ha ancora un nome. Stanno cercando qualcosa che confonda la popolazione. Chiamiamolo semplicemente contratto di sottomissione! Si tratta di un contratto in cui l’UE deve essere installata come legislatrice al di sopra della Svizzera, e ancora un contratto in cui l’ultima decisione spetta alla Corte di giustizia dell’UE. In breve: un classico contratto coloniale.

Tuttavia, i responsabili a Berna hanno capito che il Popolo non accetterebbe una cosa del genere. E sono giunti alla conclusione: dobbiamo presentare tutto in modo da far credere al Popolo che sia qualcosa di positivo. Questo inizia già dal nome. E, sebbene questo contratto non sia un nuovo contratto bilaterale, vogliono chiamarlo «Bilaterali III». Quindi: la fine della strada bilaterale dovrebbe essere chiamata «Bilaterali III».

Questo contratto, che ci è stato presentato, è un tipico contratto coloniale, un tipico contratto di sottomissione. Se lo approviamo, perdiamo una grande forza del Paese, ovvero che i cittadini possano anche decidere sulla legislazione. Non perdiamo solo la sovranità, ma anche la democrazia diretta.

Ora capite anche voi perché abbiamo un tale divario tra il Popolo e la classe politica. C’è un interesse da parte di tutti coloro che credono di avere voce in capitolo nel Paese. E un interesse completamente diverso da parte della gente, del Popolo, che si vede limitata nel suo potere. Alla classe politica non piace che il Popolo possa determinare altre soluzioni, non piace che il Popolo possa respingere proposte di legge e che Popolo e Cantoni possano modificare la Costituzione – anche contro la classe politica. Per questo motivo, la classe politica preferirebbe entrare nell’UE, perché lì non ci sono noiose votazioni popolari. Nell’UE si può fare ciò che decide la classe politica, in Svizzera si deve fare ciò che vuole il Popolo. Nell’UE tutti sono responsabili di tutto, ma nessuno è responsabile di qualcosa. Questo piace ai politici!

Signore e signori, poiché la classe politica sa che, se dicesse la verità, non riuscirebbe a imporre il suo contratto di sottomissione al Popolo, ricorre alla parola ingannevole «Bilaterali III», anche se si tratta della fine dei contratti bilaterali.

Oggi questo termine viene utilizzato continuamente. Anche la «Neue Zürcher Zeitung», il raffinato giornale dell’élite, utilizza il termine ingannevole. Vi avviso: questo ci accompagnerà negli anni a venire – tali termini falsi, tali termini ingannevoli. È nostro compito – probabilmente contro quasi tutti i media – farlo notare. L’UE è stata almeno onesta nel sostenere che questi contratti non potevano essere chiamati «bilaterali», poiché è l’opposto. Tuttavia, la Svizzera ufficiale ha risposto: «Sì, certo, lo sappiamo bene, ma altrimenti non riusciremmo a farli accettare dal Popolo.»

E – signore e signori – accanto a questa denominazione ingannevole viene menzionato solo in modo marginale che la Svizzera dovrebbe impegnarsi, per questo contratto fatale, a pagare all’UE ogni anno ulteriori 350 milioni di franchi!

Ma è esattamente su questo punto che alla fine si concentra l’UE: in definitiva, l’UE vuole i soldi della Svizzera, e ha trovato un modo per ottenerli. L’ex cancelliere tedesco Gerhard Schröder ha detto in una conferenza al Politecnico di Zurigo: «Non ci interessa se la Svizzera accetta o meno l’adesione all’UE. Con ogni contratto con l’UE, la Svizzera assume un po’ più di diritto dell’UE, e alla fine farà parte dell’UE, senza che gli Svizzeri se ne accorgano»! I VIP nelle prime file dell’aula universitaria applaudirono. Nelle file posteriori – dove era seduto il Popolo comune – c’era un silenzio imbarazzato.

Ma, signore e signori, anche il signor Schröder ha fatto i conti senza «Pro Svizzera». Non siamo così stupidi! Siamo sicuramente più stupidi dei tedeschi, ma questi non sono poi così intelligenti. Basta dare un’occhiata all’UE – questa costruzione intellettuale mal riuscita – per rendersene conto. Ma questo è confortante: possiamo difenderci. Sappiamo: «Solo i vitelli più grandi scelgono il loro macellaio da soli.» Attualmente è fondamentale dare il nostro supporto all’iniziativa sulla neutralità e, con un no al nuovo contratto di sottomissione, salvare l’indipendenza della Svizzera!

Es lebe die Schweiz!

Vive la Suisse!

Viva la Svizzera!

Viva la Svizra!

Christoph Blocher
Christoph Blocher
ex-Consigliere nazionale Herrliberg (ZH)
 
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