La legge sul CO2 appesantisce la nostra piazza economica, ma soprattutto il commercio e le PMI, con ancora più burocrazia, ancora più tasse e imposte, ancora più restrizioni e divieti. E questo accade proprio ora, in un momento in cui la nostra economia, e quindi tutte le fasce della popolazione, stanno già soffrendo molto per gli immensi effetti della crisi pademica e delle restrizioni. È probabile che questa sofferenza continui per qualche tempo. Non è quindi proprio il momento per aumentare ulteriormente gli oneri alle piccole e medie imprese (PMI), per vessarle con nuovi regolamenti, controlli, indagini statistiche e procedure di licenza, rendendo alla fine gli impieghi ancora più costosi.
Frenesia autoritaria della regolamentazione del clima
In questo contesto, trovo del tutto incomprensibili sia la libertà di voto decisa dall’Unione svizzera arti e mestieri (USAM) come pure l’impegno di Economiesuisse nel sostenere la frenesia autoritaria della regolamentazione del clima. I rappresentanti dell’industria e dell’economia a favore della Legge sul CO2 stanno solo cercando ulteriori ordini sovvenzionati dallo Stato. Ma chiunque cada nella tentazione rappresentata dagli appetitosi sussidi climatici finanziati con le nostre tasse e le nostre imposte aggiuntive, è già pronto a dire addio alle convinzioni economiche di base sull’economia di mercato, alla concorrenza e anche all’imprenditorialità.
Misure volontarie da parte dell’economia
Anche durante il dibattito parlamentare, l’USAM, come rappresentante svizzero per il commercio e le PMI, era una convinto sostenitore di una politica climatica che offrisse opportunità alle aziende invece di imporre regolamentazioni, dando loro flessibilità e incentivi per aumentare l’efficienza e sviluppare ulteriormente i propri prodotti. L’attuazione dell’obiettivo di riduzione globale delle emissioni della Svizzera nel quadro dell’Accordo di Parigi, con tutti i suoi meccanismi di cooperazione e di flessibilità e per quanto riguarda le misure legali, va rivista affinché possa essere più efficace. L’effetto delle misure esistenti, del tutto volontarie, prese dall’industria attraverso programmi di accordo sugli obiettivi con l’Agenzia dell’energia per l’economia dovrebbe essere premiato e preso in considerazione, e se necessario rafforzato ed esteso. Per contro, misure costose, paternalistiche e burocratiche, come l’aumento della tassa massima sul CO2, l’introduzione di nuove imposte, la creazione di nuovi strumenti di sovvenzione o il controllo dei flussi finanziari, dovrebbero chiaramente essere evitati. Questa sarebbe la mia idea di politica climatica per rispettare l’accordo di Parigi.
L’associazione di categoria soccombe al suono delle sirene del disastro
Nel frattempo, però, l’USAM ha ceduto – almeno in parte – alle sirene della catastrofe climatica. Abbiamo sempre conosciuto le sirene della mitologia greca come creature mitiche ammalianti, seducenti e prive di ragione che attirano le loro vittime solo per ucciderle. Lo stesso accadrà prima o poi a quegli attori economici che basano la loro sopravvivenza o il loro diritto di esistere sul mercato unicamente sulla redistribuzione statale, sui sussidi finanziati dalle tasse e sulle misure di controllo statali. Quindi, per me come rappresentante delle PMI e dell’economia, l’unica risposta appropriata è un chiaro “no” a questa legge sul CO2 il 13 giugno prossimo.