Il gruppo parlamentare UDC è stato informato, durante la sua seduta di oggi (04.09.2019), sul Patto mondiale dell’ONU per l’ambiente che è in cantiere nel dipartimento della ministra dell’ambiente, Simonetta Sommaruga. Si tratta, ancora una volta, di un accordo internazionale che riduce gravemente l’autodeterminazione della Svizzera e che distrugge tanto l’impiego quanto la prosperità del paese.
Il dipartimento della ministra dell’ambiente, Simonetta Sommaruga, sta attualmente preparando il terreno all’adesione della Svizzera al Patto globale dell’ONU per l’ambiente. Il gruppo UDC si è dunque fatto informare, durante la sua seduta di oggi, da un rappresentante dell’Ufficio federale dell’ambiente (UFA). Siccome anche in questo caso – come in quello del Patto dell’ONU per le migrazioni – si tratta di un cosiddetto “diritto non vincolante” (soft law), il gruppo si è fatto informare anche sull’importanza e sugli effetti di questo tipo di accordi, che si vorrebbero non vincolanti, in generale, e sul Patto dell’ONU per l’ambiente in particolare.
Come nel caso del Patto per le migrazioni, il Patto globale dell’ONU per l’ambiente è un accordo internazionale ideologico e irrealistico che, analogamente all’accordo di libera circolazione delle persone o all’accordo-quadro con l’UE, ridurrebbe drasticamente l’autodeterminazione della Svizzera. Aderendo a questo patto, la Svizzera accetterebbe in pratica che l’ONU le prescriva quanto debba costare un litro di benzina o d’olio da riscaldamento.
La maggioranza del Consiglio federale ha perso il senso della realtà
C’è purtroppo da temere che la maggioranza del Consiglio federale approvi il Patto per l’ambiente. Se si considera la recente decisione che il Consiglio federale ha preso su istigazione della ministra dell’ambiente Simonetta Sommaruga, si constata infatti che il governo ha completamente perso ogni senso della realtà: mercoledì scorso, il Consiglio federale ha deciso, cortocircuitando tanto il Parlamento quanto il popolo, che la Svizzera dovrà essere climaticamente neutra a partire dal 2050. Concretamente, ciò significa che la Svizzera dovrà riportare le sue emissioni di CO2 a zero nello spazio di 30 anni.
Si tratta, ancora una volta, di una decisione completamente irrealistica. Da una parte, il Consiglio federale si lancia in una grossolana campagna elettorale per la sinistra e i suoi complici; dall’altra, fa una scelta i cui risultati catapulterebbero la Svizzera nell’età della pietra. Una Svizzera climaticamente neutra è una scelta assolutamente impossibile, a meno che sopprimiamo noi stessi. Questo obiettivo ideologico si tradurrebbe in divieti massicci, in una rieducazione del popolo di tipo totalitario e in costi enormi per l’economia e per i contribuenti. Non siamo per nulla sorpresi nell’apprendere che il Consiglio federale non ha assolutamente riflettuto sulle conseguenze – in particolare finanziarie – della sua decisione. La responsabile di questo dossier, la consigliera federale Sommaruga, si è già fatta un baffo, quale ministra della giustizia, dei costi miliardari che la sua irresponsabile politica d’asilo ha provocato per i contribuenti svizzeri.
È inquietante constatare che il dipartimento della ministra dell’ambiente compie degli sforzi per far accettare il Patto dell’ONU per l’ambiente. Come nel caso del Patto ONU per le migrazioni, si tratta di un accordo internazionale del tipo “soft law” (“diritto non vincolante”) che non è vincolante in termini giuridici, ma che lo è chiaramente a livello politico, mentre che non ha alcuna legittimità democratica. Come ammette lo stesso Consiglio federale, degli strumenti “soft law” possono benissimo diventare vincolanti. Per esempio, la soppressione del segreto bancario è stata avviata dalle raccomandazioni della “Financial Action Task Force (FATF)”, un’organizzazione infranazionale.
L’UDC respinge perciò categoricamente tanto il Patto dell’ONU per l’ambiente quanto il Patto ONU per le migrazioni. Prendendo degli impegni internazionali di questo genere, la Svizzera accetterebbe che i diritti democratici delle Svizzere e degli Svizzeri siano fortemente ridotti.
Patto di ridistribuzione e di rieducazione
Come il Patto per le migrazioni, il Patto per l’ambiente è un prodotto puramente ideologico. Nel suo preambolo, si constata già a cosa mira, ossia la promozione dei diritti dei migranti e delle persone andicappate. Come d’abitudine nell’ambito dell’ONU, questo accordo impegna unicamente gli Stati che proteggono già il loro ambiente (articolo 20). Altra disposizione problematica: l’articolo 20 vieta ai paesi firmatari di adottare delle regolamentazioni contrarie al patto. Si tratta qui di una nuova manifestazione del totalitarismo ecologista che si traduce in una crescita costante della burocrazia in contrasto con tutte le ricette del modello di successo svizzero, come uno Stato flessibile e la libera impresa. Inoltre, questo patto sostiene delle organizzazioni di mutua assistenza private e l’industria ecologista, esigendo il loro finanziamento da parte dello Stato perché saranno queste organizzazioni a vegliare sull’applicazione del patto (art. 14). Va da sé che le leggende ecologiste dovranno essere diffuse fra il pubblico a mezzo di una propaganda di massa e insegnate nelle scuole. Degli “esperti indipendenti” controlleranno la fedele applicazione del patto.
L’UDC chiede la fine immediata di questo esercizio
L’UDC chiede che la Svizzera ponga immediatamente fine a questo esercizio. Essa invita anche il Consiglio federale a togliersi i paraocchi ideologici e a tornare alla realtà. Questa presa di coscienza è tanto più necessaria in quanto una recessione mondiale sembra si stia attualmente preparando con dei rischi enormi per la Svizzera.
La salvaguardia della sicurezza, dei posti di lavoro e della prosperità del nostro paese dipende innanzitutto da un approvvigionamento di energia e di derrate alimentari a prezzi abbordabili, sufficiente, indigeno e sicuro.
> I principali punti dell’irrealistico Patto mondiale dell’ONU per l’ambiente (francese)