Il Tribunale federale ha pubblicato ieri una sentenza che accorda ai figli di rifugiati una rendita AI anche se non vivono in Svizzera. Questa possibilità si spiega con una lacuna legislativa dovuta a una disattenzione del Parlamento. L’UDC intende colmarla e depositerà una proposta in questo nella seduta di domani della Commissione delle istituzioni politiche del Consiglio degli Stati (CIP-CS).
Questa sentenza del Tribunale federale spalanca evidentemente la porta a qualsiasi tipo di abuso. Così, né il domicilio né la nazionalità dei figli avrà un ruolo nell’attribuzione di una rendita per i figli a dei rifugiati riconosciuti. Nella fattispecie, un rifugiato riconosciuto originario del Ciad che percepisce una rendita AI, ha rivendicato una rendita per le sue due figlie, concepite furi del matrimonio e abitanti in Francia. Il servizio AI del canton Berna aveva respinto la domanda. Infatti, secondo un altro giudizio del Tribunale federale, i figli di rifugiati devono essere domiciliati in Svizzera per avere diritto a una rendita.
Le Svizzere e gli Svizzeri non sono subordinati a questo obbligo. E siccome, conformemente alla convenzione sui rifugiati, i rifugiati riconosciuti hanno diritto allo stesso trattamento degli indigeni, il Tribunale federale ha ritenuto che una rendita dovesse essere versata anche per i figli di rifugiati, residenti all’estero. La corte suprema svizzera sottolinea nella sua motivazione che il legislatore non aveva avuto l’intenzione, nel suo decreto federale, di derogare dalla convenzione sui rifugiati.
È intollerabile, per l’UDC, che né il domicilio, né la nazionalità dei figli siano considerati per l’attribuzione di una rendita per i figli a dei rifugiati riconosciuti. Questa lacuna è un invito agli abusi, per esempio tramite false dichiarazioni concernenti presunti figli. L’UDC intende correggere questo errore legislativo e depositerà una proposta in questo senso in occasione della seduta della CIP-CS di domani.