L’art. 121a della Costituzione federale esige che la Svizzera gestisca d’ora in avanti autonomamente l’immigrazione degli stranieri. Questa gestione deve avvenire mediante dei tetti massimi e dei contingenti annuali. Quando si fissano questi tetti massimi9 e contingenti, devono essere considerati gli interessi economici generali della Svizzera. Inoltre, la Svizzera deve applicare il principio della preferenza nazionale. La decisione presa dal Consiglio nazionale il 21 settembre scorso, non tiene in alcun conto queste linee direttive esplicitamente iscritte nella Costituzione. Al contrario, un semplice obbligo di annunciare i posti di lavoro vacanti non permette di gestire l’immigrazione in maniera autonoma. Poiché nei dibattiti pubblici sono state diffuse molte falsità, è ora di ristabilire la verità dei fatti.
Nel contesto del dibattito sull’applicazione dell’art. 121a Cst., si è ingannato, barato e mentito in una misura raramente raggiunta finora. Evidentemente, si è voluta seguire alla lettera la nota espressione del presidente americano Harry Truman: "If you can’t convince them, confuse them!". Se si è incapaci di convincere, bisogna creare confusione fra gli avversari politici. Non è semplice trovare soluzioni utili in un tale contesto. E se perfino i rapporti delle commissioni delle due Camere fanno consapevolmente delle false dichiarazioni, è definitivamente impossibile condurre un dibattito obiettivo.
Cosicché, la consigliera nazionale socialista Cesla Amarelle ha osato pretendere senza esitare: “Quanto al gruppo UDC, non è mai stato capace di fare una proposta di concetto generale.” E con una faccia di bronzo altrettanto enorme, il consigliere nazionale PLR Kurt Fluri ha rimproverato ai rappresentanti dell’UDC che l’inclusione del settore dell’asilo e dei frontalieri non era mai stata rivendicata dagli iniziati visti, come pure la domanda a sapere se bisogna o no iscrivere delle cifre concrete nella legge d’applicazione.
Delle spudorate menzogne, perché questi temi sono stati assolutamente introdotti nel dibattito (beninteso anche in commissione) e questo a più riprese.
L’UDC è stato il solo partito a proporre un concetto
Il gruppo parlamentare UDC è stato il solo a presentare delle proposte dettagliate per l’applicazione dell’art. 121a. Ce ne sono state alcune dozzine nel corso delle sedute commissionali. L’UDC ha pure chiesto che il Consiglio federale e l’amministrazione esaminino l’efficacia di diverse proposte, per esempio, in merito alle conseguenze quantitative di certe misure di limitazione. La maggior parte degli emendamenti è stata respinta. La commissione non era evidentemente interessata a conoscere dei dettagli precisi.
Questa superficialità del dibattito è stata dimostrata da un’altra dichiarazione di Kurt Fluri, portavoce del PLR: “Se ci si limitasse a iscrivere nella legge i concetti di “tetti massimi” e di “contingenti” senza concretizzarli in cifre, significherebbe che cediamo al Consiglio federale la competenza di quantificare questi concetti”. Ma l’art. 121a CST. regola in maniera esplicita questa questione e prevede dei tetti massimi e contingenti annuali. È stato voluto così. Una cifra precisa nella legge non solo sarebbe contraria alla Costituzione, ma non permetterebbe nemmeno di tener conto degli interessi generali dell’economia.
Ciò è stato detto e ripetuto in commissione e anche chiaramente espresso in occasione dei colloqui fra le associazioni economiche e i partiti di destra. Kurt Fluri ha assistito a tutte queste sedute. Contrariamente a ciò che ha affermato, era dunque perfettamente al corrente.
29 proposte UDC contro 9 proposte di altri partiti
Le proposte dell’UDC si basavano sulle esigenze dell’art. 121a Cst.: l’UDC ritiene infatti che le linee direttive fissate dalla Costituzione federale debbano essere rigorosamente rispettate. Il dibattito nel plenum ha rispecchiato i lavori preparatori: 29 delle 38 proposte provenivano dall’UDC, mentre che gli altri partiti hanno depositato solo un piccolo numero di emendamenti.
Il nuovo “concetto” dell’alleanza di centrosinistra risulta dalla fusione di qualche proposta PPD, Verdi liberali e PLR, redatte dietro richiesta dei socialisti. Niente è rimasto delle proposte che erano state discusse fra le associazioni economiche e i partiti di destra. Gerhard Pfister, presidente del PPD, ha d’altronde criticato questo punto in un ‘intervista: “L’accordo raggiunto era chiaro: il PLR deposita in commissione la proposta con la preferenza nazionale, il PPD quella con la clausola di salvaguardia. (…) Ciò che ha poi fatto il collega Fluri è l’esatto contrario di ciò che era stato concordato” (Schweiz am Sonntag, 25.9.2016). Questa dichiarazione è giusta.
I fatti:
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L’economia aveva proposto un concetto
Le associazioni economiche, e in particolare l’Unione padronale, hanno tentato di sviluppare delle soluzioni tenendo conto sia delle esigenze della Costituzione sia degli accordi internazionali. Il loro modello prevedeva in una prima fase la preferenza nazionale. La prima fase avrebbe comportato una preferenza nazionale dura (obbligo delle aziende di dimostrare). In una seconda fase, si sarebbero imposti dei tetti massimi e altre misure restrittive limitate a delle regioni e, nel tempo, andanti a toccare solo delle categorie professionali definite. Il presidente dell’Unione padronale, Valentin Vogt, ha definito questa seconda fase un “freno d’emergenza” nel caso che la preferenza nazionale non sortisse gli effetti auspicati (Neue Zürcher Zeitung, 31.8.2016).
La decisione della commissione e del Consiglio nazionale, ossia un annuncio facoltativo dei posti di lavoro vacanti, non corrisponde assolutamente a questa idea. Per cui si comprende l’insoddisfazione di Gerhard Pfister, presidente del PPD, il quale ha rilevato che i risultati degli innumerevoli e lunghi colloqui fra in tre partiti borghesi e le associazioni economiche erano improvvisamente divenuti carta straccia. Una perdita di tempo, ha concluso (Schweiz am Sonntag, 25.9.2016). Ed è vero che questo lavoro è stato assolutamente inutile, perché i rappresentanti del PLR hanno improvvisamente sostenuto altre proposte diametralmente opposte alle intese.
Gerhard Pfister descrive come segue la situazione prima della sessione autunnale: “Dopo la seduta della commissione, ci siamo ritrovati con le associazioni economiche. La costernazione era grande, tanto più che l’ex-presidente del PLR era stato il primo a voler difendere al Consiglio degli Stati ciò che queste persone hanno rifiutato nella commissione del Consiglio nazionale” (Schweiz am Sonntag, 25.9.2016).
I fatti:
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L’ostruzionismo del PLR, del PBD e del PPD rafforza la sinistra e i sindacati
Rifiutando ostinatamente di risolvere i problemi dell’immigrazione, i partiti di centro rischiano d’incoraggiare l’introduzione di nuove misure d’accompagnamento. Sempre più immigranti aumentano gli oneri gravanti sulle istituzioni sociali, provocano un aumento della disoccupazione, sovraccaricano le infrastrutture e minacciano viepiù la sicurezza pubblica.
Questa inazione di fronte all’immigrazione incoraggia soluzioni dirigiste e burocratiche. L’esempio del canton Ticino ne è la dimostrazione:
Se l’autorità federale continua a rifiutare di mettere in atto una gestione efficace dell’immigrazione, delle misure di questo genere potranno trovare delle maggioranze in altri cantoni. Già oggi, il PS parla di un’intensificazione dei controlli del mercato e di sviluppo di una politica pubblica del’alloggio e del suolo. Cin si può quindi attendere un obbligo di assumere fatto alle aziende e a un rafforzamento supplementare della protezione contro i licenziamenti. In altre parole, sarebbe la fine di un mercato del lavoro liberale.
I liberali-radicali si alleano con il PS e con i sindacati?
La cosa più inquietante di questo dibattito in Consiglio nazionale è che il PLR potrebbe accordarsi con i sindacati e con il PS per favorire interventi di questo genere. Gerhard Pfister, presidente del PPD, ha riassunto molto bene la situazione: “Voi sosterrete le misure d’accompagnamento che si celano dietro la preferenza nazionale. Voi proporrete il modello di Ginevra al Consiglio degli Stati (Schweiz am Sonntag, 25.9.2016). Gerhard Pfister si riferisce all’obbligo di annunciare i posti di lavoro vacanti che il canton Ginevra impone alle imprese statali, come pure all’obbligo di intervistare dei candidati validi.
Albert Rösti, presidente dell’UDC, argomenta in modo analogo: “Il PLR si allea con il PS. Ci si può chiedere che cosa il PLR abbia promesso al PS in materia di misure d’accompagnamento. Se questo stesso PLR rimprovera l’UDC di non aver fatto nulla durante due anni, sta raggiungendo il colmo della malafede. Respingo formalmente questo rimprovero” (Schweiz am Sonntag, 25.9.2016).
Conclusione e prossime tappe
La decisione del Consiglio nazionale ignora le esigenze esplicite della Costituzione federale. Questa regolamentazione impedisce una gestione autonoma dell’immigrazione. Il progetto non prevede né contingenti, né tetti massimi, né la preferenza nazionale. L’annuncio facoltativo dei posti vacanti che il Consiglio nazionale ha approvato non è di alcuna utilità.
È in questo contesto che l’iniziativa popolare “Prima i nostri!” è stata accettata il 25 settembre 2016. Essa prevede esplicitamente una preferenza nazionale. Contrariamente alla decisione del Consiglio nazionale, l’iniziativa ticinese rispetta i principi statuiti dall’art. 121a CST. L’assemblea federale dovrà quindi dare la sua garanzia a questa modifica della Costituzione cantonale ticinese.
Questo modello di una preferenza nazionale cantonale potrebbe fare scuola – se il Consiglio degli Stati non perviene a una soluzione che rispetti la Costituzione. Ma non rimane più molto tempo. E la pressione popolare è grande.