Fa stato la versione orale. L’oratore si riserva di distanziarsi anche sensibilmente dal manoscritto.
Egregio presidente dell’UDC del canton Zurigo,
Signore e Signori consiglieri di Stato,
Egregio consigliere federale e collega di partito Albert Rösti, nuovo Capo del Dipartimento federale dell’ambiente, dei trasporti, dell’energia e delle comunicazioni, sia cordialmente benvenuto all’Albisgüetli!
E grazie di essere qui con noi al posto del presidente della Confederazione Alain Berset, che purtroppo si è scusato.
Lei è perlomeno altrettanto benvenuto.
E dò il benvenuto anche all’ex ministro federale delle finanze, in carica fino a un mese fa, Ueli Maurer.
Benvenuto nel club degli ex consiglieri federali UDC, Caro Ueli. Ti sentirai a tuo agio perché noi bernesi siamo fra di noi: Dölf Ogi, – come Albert Rösti di Kandersteg – Ueli Maurer, quale cittadino di Adelboden, e Christoph Blocher quale cittadino di Schattenhalb nella valle dell’Hasli.
Stimati funzionari e amici di partito,
Fedeli, cari compatrioti del resto della Confederazione,
Chers amis de la Suisse romande,
Cari amici della Svizzera italiana,
Fidels amis da la Svizra rumantscha,
Liebi Fraue und Manne!
Il 2023 è un anno speciale: celebriamo il 175° anniversario della Costituzione federale svizzera. Sì, il 1848 segna il rinnovo e la conferma dell’atto costitutivo, il vecchio Patto federale del 1291. E la Costituzione federale fu opera dei liberali di allora, ossia dell’odierna UDC e dell’odierno PLR. All’epoca eravamo ancora un unico partito.
Nel 1917 l’UDC di Zurigo e nel 1918 l’UDC di Berna si separarono dai liberali. Ma ancora oggi, l’UDC e il PLR sono i due partiti borghesi più importanti della Svizzera.
Vedete, l’UDC e il PLR hanno gli stessi nonni. Ecco perché siamo così gentili e amichevoli con i liberali. Si è rispettosi dei propri nonni!
Nel 1848 – 175 anni fa – abbiamo avuto la forza, come partito allora unico, di creare la Costituzione federale svizzera come base per uno Stato indipendente, costituzionale, democratico, federalista, neutrale e liberale. Una conquista e un successo mondiali!
Oggi, nel 2023, tutti concordano sul fatto che la Costituzione del 1848, in quanto garante della libertà e della sicurezza, sia la base della prosperità della Svizzera, attualmente la massima al mondo, della sua tanto ammirata stabilità, della sua grande sicurezza e del suo straordinario periodo di pace.
Ogni tendenza politica in questo Paese elogia la grande Costituzione del 1848, ma alcuni anche ne abusano per i propri scopi.
Ma, signore e signori, chiediamoci dopo 175 anni: Qual è lo stato di questa grande opera, della Costituzione federale oggi? Dove siamo
Dove siamo oggi con i pilastri di una Svizzera di successo? O in linguaggio manageriale: che ne è dei nostri fattori di successo?
Cosa ha fatto la politica, in 175 anni, dell’eredità dei padri fondatori del 1848?
Senza mezzi termini – come sempre all’incontro dell’Albisgüetli – dobbiamo affermare che i preziosi valori che hanno reso forte la Svizzera sono stati massicciamente indeboliti dalle politiche del centro-sinistra. Sì,
sono in caduta libera.
Senza massicce contromisure, andranno in malora.
L’UDC si batte da trent’anni per una Svizzera sovrana e libera. Grazie ai referendum, siamo riusciti finora a impedire che la Svizzera sia nell’UE. Ma, nel frattempo, abbiamo minato la nostra indipendenza adottando leggi e trattati sbagliati, al punto che non siamo più in grado di risolvere i problemi del nostro paese.
Ueli Maurer ha giustamente affermato: la Svizzera – e quindi anche l’UDC – si trova in un vicolo cieco.
Un esempio:
Dall’attenta valutazione della situazione si evince che tutti sono consapevoli del fatto che i problemi di una Svizzera di nove milioni di persone sono incalcolabili. Ovunque si guardi: scuole, ospedali, medici, personale infermieristico, traffico, abitazioni, cantoni che dichiarano lo stato d’emergenza dell’asilo, terreni agricoli, rivolte, vandalismi, centri di accoglienza, elettricità, energia, eccessivo sfruttamento del territorio e delle persone. Siamo arrivati a un vicolo cieco. Dobbiamo uscirne, ma non sappiamo come. Improvvisamente, perfino i media lanciano l’allarme. Tutto a un tratto, anche loro sono spaventati. Con scarsa convinzione, si cerca di calmarsi.
E ha ragione: bisogna svuotare il sacco, non riempirlo di più.
Non abbiamo bisogno di più leggi, ma di persone responsabili che svolgano il loro compito, il loro mandato! E che finalmente facciano di nuovo quanto prescritto. Oggi fanno quello che vogliono invece di quello che devono fare.
Signore e signori, in autunno si terranno le elezioni federali. Questo pone ai cittadini una domanda cruciale: siete disposti a far sì che la Svizzera esca da questo vicolo cieco? Siete pronti a svuotare il sacco?
La sinistra – rossi e verdi – con i suoi numerosi seguaci, ha minato i pilastri statali della sacra Costituzione federale.
Non solo l’indipendenza e lo Stato di diritto, ma anche la democrazia viene calpestata. Le decisioni popolari non vengono attuate. Così, la gente perde la fiducia e non si reca più alle urne. E il club di burocrati prevaricatori, formato da sempre più dipendenti statali e politici di professione, assume tutto il potere.
Non serve a nulla celebrare i 175 anni della Costituzione federale se poi si fa il contrario.
La neutralità collaudata e costituzionalmente garantita viene messa da parte dalla «classe politique». Lo straordinario strumento della neutralità permanente, armata e integrale, che ci ha protetto dalle guerre per oltre 200 anni, la base dei tradizionali buoni uffici della Svizzera, la mediazione per la pace, l’aiuto umanitario, le attività della Croce Rossa internazionale – tutto questo viene buttato a mare e ignorato.
Questo non è stato fatto dopo una propria attenta valutazione della situazione e un processo decisionale, ma ancora una volta sotto la pressione internazionale degli Stati Uniti, dell’UE e dei sostenitori dell’UE nel nostro stesso paese. Sconsideratamente, ci si è associati alle sanzioni dell’UE contro una parte belligerante. Anche qui il motto è: «Non ci si può fare niente!». La maggior parte dei politici e l’intera amministrazione sono già da tempo nell’UE – con il cuore, l’anima e un po’ di cervello. Non hanno la forza di difendere i valori propri della Svizzera, non hanno rispetto per sè stessi, non hanno coraggio. Si va con l’UE, ma a pagare sono gli Svizzeri.
Questo abbandono volontario della neutralità svizzera sta danneggiando enormemente il nostro paese a livello mondiale.
E che dire dei diritti fondamentali garantiti dalla Costituzione federale? Per esempio, la garanzia svizzera della proprietà? Ora, improvvisamente, non vale più per i residenti russi in Svizzera? L’UE, gli Stati Uniti e soprattutto la Germania ci chiedono espropriazioni senza una base legale! Addio Stato di diritto e garanzia della proprietà! E questo in Svizzera! Bisogna impedirlo. Eleggendo le persone giuste nel cantone e a livello federale.
E la libertà di espressione sancita dalla Costituzione? È fondamentale per la democrazia, soprattutto per la democrazia diretta. Come alcuni ci sussurrano all’orecchio: «Non si può più dirlo ad alta voce». Quanti hanno paura di essere criticati e perseguitati come razzisti, xenofobi, ammiratori di Putin, negazionisti del clima o cospiratori delle vaccinazioni. In Svizzera non è più consentito dire cosa succede e ciò che si pensa. Il fatto che sia lo stesso all’estero non migliora le cose anzi, le peggiora.
Signore e signori, il 2023 è probabilmente l’ultima occasione per invertire la rotta.
La Svizzera deve uscire dal vicolo cieco. Noi dell’UDC dobbiamo fare in modo che l’UDC vinca, affinché accada qualcosa.
Ma non perché vogliamo un seggio o una «cadrega» o personale prestigio, bensì per il bene del paese e del popolo, per uscire dal vicolo cieco. Ricordate: meno i politici e il partito pensano a sè stessi, e tanto più gli elettori pensano al partito e ai politici.
Se l’UDC vince, gli altri partiti non potranno andare avanti così. Si stanno infatti rendendo conto anche loro che i problemi stanno sfuggendo di mano.
Ma, Signore e Signori, se l’UDC perde, perde la Svizzera. E allora
Signore e signori, ascoltate i toni di «Operazione Libero», l’organizzazione che vuole portare la Svizzera nell’UE, orchestrata da agenzie pubblicitarie e pagata dalle imprese. Si proclama «Noi figli del 1848». Si tratta di bambini adolescenti, anche se hanno già frequentato le università. Ma l’hanno troppo comoda per affrontare davvero il 1848. Si definiscono persino «patrioti della Costituzione». Ma non conoscono la Costituzione né cosa sia un patriota.[2]
L’ultima proposta è la naturalizzazione completa di tutti gli stranieri[3], in modo che ancora più criminali con passato migratorio possano essere chiamati svizzeri. Dovremmo dare loro il diritto di voto in modo da ridurre la percentuale di stranieri nelle statistiche.
Signore e signori, la Costituzione federale del 1848 ha significato soprattutto un atto di indipendenza unico nel suo genere. A quel tempo, la Svizzera ne aveva abbastanza dell’eterna ingerenza di paesi stranieri nei suoi affari interni. Per quasi cinquant’anni, il nostro paese aveva cercato di trovare una forma di governo in autonomia dai paesi stranieri. Talvolta c’erano fino a quattro eserciti sul territorio svizzero. Finché gli Svizzeri non ne ebbero abbastanza, presero in mano le redini della situazione e decisero di creare la propria Costituzione. La Dieta federale ne era responsabile.
Fin dalla sua elezione a presidente della Dieta, il bernese Ulrich Ochsenbein promise che avrebbe difeso «l’onore, la dignità e l’indipendenza» della Confederazione.
Quando Prussia, Russia, Impero austro-ungarico e Francia volevano proibire alla Svizzera di fondare uno Stato federale, Jonas Furrer (in seguito primo presidente della Confederazione) di Winterthur rispose: «La Svizzera indipendente continuerà a governarsi da sola». Essa è autodeterminata e neutrale. Il modo in cui la Svizzera regola i suoi affari interni – disse Furrer – non può essere l’affare di altri Stati».[4]
Avete sentito tali toni dal Consiglio federale negli ultimi anni? Per quanto mi riguarda, non ho mai sentito nulla del genere da parte del Consiglio federale. Anche se io stesso ne ho fatto parte per quattro anni – e, nonostante la mia età, non credo di essere sordo!
Ma purtroppo ho sentito molto chiaramente il contrario. Si sussurra: l’estero non ci capisce se non facciamo la stessa cosa. Ma perché poi devono capirci?
Si dovrebbe dapprima guardare che cosa fa l’UE, o questa o quell’altra organizzazione internazionale, come l’OCSE, l’OSCE, la CEDU o qualunque siano queste lettere.
Ci viene continuamente detto che qualche organizzazione ci proibisce di fare questo o quello, o vuole che facciamo qualcosa, ci chiede di fare qualcosa, ci impone di fare qualcosa. In questo modo siamo arrivati nel vicolo cieco. Signore e signori, risolviamo finalmente i problemi da soli. Gli altri non sono più intelligenti di noi. E soprattutto, noi e i nostri rappresentanti eletti siamo responsabili.
I creatori della nostra Costituzione federale nel 1848 la vedevano allo stesso modo. Ulrich Ochsenbein, presidente della Dieta federale, aveva fatto appendere alla parete dietro la sua sedia nella Chiesa dello Spirito Santo di Berna, ben visibili e a mo’ di monito, i «tappeti borgognoni», il bottino di guerra del 1476, quando gli antichi Confederati avevano sconfitto Carlo il Temerario a Grandson. Questo bottino doveva essere visto dalla tribuna dove erano seduti tutti i diplomatici stranieri. Era l’ultimo messaggio di Ochsenbein ai paesi stranieri e recitava senza parole: Voi potete cercare di interferire o addirittura invaderci militarmente. Ma attenzione, o finirete come Carlo il Temerario, duca di Borgogna, il quale perse: «A Grandson il bene, a Murten il coraggio, a Nancy il sangue!»
Questo nel 1848! E oggi?
Dal 1989 – anno della caduta del Muro di Berlino – si è cercato di minare sia il Patto federale del 1291 che la Costituzione federale svizzera del 1848. Entrambi vengono ignorati.
Anche i padri fondatori del 1848 testimoniarono che le due cose vanno assieme: «In nome di Dio onnipotente!» era la frase introduttiva del Patto federale del 1291, poi del 1848, della revisione del 1874 e ancora oggi della Costituzione federale. Questa era ed è la consapevole promessa di non volersi appoggiare o fare affidamento su alcun detentore umano di potere quale alleato. Oppure, come recitava il Giuramento
del Grütli di Friedrich Schiller: «Vogliamo confidare nel Dio supremo e non temere il potere degli uomini»[5].
E i redattori della Costituzione del 1848 evocarono esplicitamente l’«eroica epoca patriottica» della Confederazione[6]. Per loro, la nuova Confederazione era la riconferma di quella vecchia. Ma il «sentimento di unità e nazionalità» era stato nel frattempo sepolto – non da ultimo a causa delle «interferenze straniere». Era giunto il momento di ristabilire una «Confederazione».
Il presidente della Dieta Ochsenbein, concluse così il suo discorso nella chiesa dello Spirito santo: «Se si dovesse tentare l’improbabile, un’ingerenza straniera negli affari interni della Confederazione, che il mondo sappia che la Svizzera, forte del suo buon diritto, grande delle simpatie di tutti i popoli liberi e che lottano per la libertà, saprà sacrificare l’ultima forza e l’ultima linfa vitale per preservare l’indipendenza per la quale i suoi padri hanno combattuto molte cruente battaglie e per trasmettere questo bene più prezioso di tutti, come l’ha ereditato e nel suo pieno significato, quale sacra eredità ai figli e ai figli dei figli. Dio protegga la cara patria!»[7].
Dove sono oggi gli statisti che sanno ancora che la base del modello svizzero di successo risiede unicamente nell’indipendenza e nell’autodeterminazione? Celebrano sì la Costituzione federale, ma poi troppo spesso corrono verso l’UE per rinunciare all’indipendenza.
La liberale «NZZ» scrive in un editoriale che l’UE e la Svizzera hanno dei «valori comuni», come – cito – «l’intolleranza nei confronti della corruzione». L’avevo appena letto quando, durante una perquisizione nell’appartamento della vicepresidente del Parlamento europeo – una socialista greca – sono uscite da scatole e cassetti banconote in mazzette da centinaia di migliaia di euro. Il suo compagno di vita fa da tramite con un socialdemocratico italiano ed ex parlamentare europeo, nel cui appartamento sono state trovate centinaia di migliaia di dollari in contanti. Signore e signori, chiunque indaghi sulle ragioni della corruzione lo sa: è proprio in queste organizzazioni che la corruzione prospera.
I rapporti periodici sugli scandali di corruzione scoperti all’interno dell’UE riempiono molti metri di scaffali.
Nonostante tutti questi abusi, nonostante questa palude di corruzione, nonostante questa «politica della mano aperta» nell’UE, a Berna si vuole rinunciare all’autodeterminazione. E se si guarda e si ascolta più attentamente, ci si rende subito conto che, purtroppo, nonostante la coraggiosa e fantastica interruzione dei negoziati sull’accordo-quadro con l’UE, la nostra indipendenza non è affatto assicurata in modo permanente.
L’interruzione dei negoziati è stata esemplare, un passo per uscire dal vicolo cieco. Ma le forze che disprezzano la patria nei banchi della sinistra rossoverde del parlamento e i loro gregari continuano nelle loro malefatte. («È la maledizione dell’azione malvagia che deve sempre partorire il male»[8], diceva Friedrich Schiller).
Ora si parla pomposamente di «accordi settoriali». In modo che, possibilmente, nessuno si accorga che questo significa di nuovo l’adozione di leggi e giudici stranieri.
I pivelli della sinistra rossoverde giustificano la loro violazione della Costituzione in modo intellettuale ed eloquente con frasi vuote e pensano di saperne di più solo perché hanno avuto bisogno di un po’ più ore di scuola e borse di studio per potersi finalmente laureare e poi passare direttamente dall’aula magna alla sala del Consiglio nazionale – alcune per via indiretta, attraverso la sala parto! Le loro giustificazioni per cui non si potrebbe più seguire la legge, convincono sempre meno. Ma per loro vale la regola del vecchio contadino:
«Finché si starnazza come una gallina, non si deve fare niente di concreto».
La situazione è grave, ma non disperata. Benché ci siano situazioni in cui si è sopraffatti dai problemi, sia nella vita personale o familiare, sia nell’azienda, nel partito e, soprattutto, nel proprio paese. Improvvisamente ci si ritrova in un vicolo cieco.
Come si esce da questo vicolo cieco? Come imprenditore, sono stato coinvolto in diverse aziende che si sono arenate nel vicolo cieco. Quante volte ho posto la domanda: «Che cosa dobbiamo fare per non morire? In queste situazioni, tutti vedono l’andamento sfortunato della propria azienda. Ma inizialmente tutti vogliono sorvolare su questo aspetto. Non lo si vuole ammettere. Questo è anche il caso della Svizzera. È quanto è successo negli ultimi anni con l’immigrazione e l’approvvigionamento elettrico. Quando non si può più negare, si cerca qualcuno da incolpare. Si dà la colpa a tutto: nelle aziende, agli sviluppi del mercato, a una guerra da qualche parte nel mondo, al franco forte, ai tassi d’interesse, all’inflazione, ai prodotti sbagliati e molto altro ancora. Soprattutto, cose per le quali non si può fare nulla e che si trovano al di fuori della propria sfera di influenza. Anche gli eterni «intelligenti» non mancano mai: «Io l’ho sempre detto». Ma i lamenti infruttuosi della direzione e del personale non servono a nulla in queste situazioni.
Questo vale anche per il nostro Paese quando si adagia in un vicolo cieco. Ciò che serve ora è la leadership, o più modestamente: la tecnica di leadership.
Cosa significa dirigere?
«Dirigere significa riconoscere un problema, analizzarlo, sviluppare possibili soluzioni, pianificare e decidere, e poi impegnarsi con i propri subordinati a raggiungere insieme l’obiettivo comune». Trovo davvero ottima questa definizione della guida – credo provenga da me[9].
Questo vale sia per lo Stato che per i partiti.
Ne sa qualcosa l’UDC di Zurigo che, negli anni Ottanta e Novanta, dovette darsi da fare per salvarsi dalla rovina. Fece esattamente questo, ebbe successo diventando persino il maggiore partito.
È utile sapere che questi momenti di sventura si ripetono sempre nella vita. Il motto di Albert Anker mi ha sempre dato coraggio: «Vedi, il mondo non è condannato!».
Facciamo un serio lavoro di leadership. Questo vale per tutti i partiti. Ma anche per noi.
Il punto di partenza è una valutazione senza mezzi termini della nostra situazione, come abbiamo fatto di recente al seminario di Bad Horn e di nuovo oggi, per la trentacinquesima volta, all’incontro dell’Albisgüetli.
Un’analisi della situazione della Svizzera mostra in sintesi che si trova in un vicolo cieco sotto molti aspetti.
Abbiamo stabilito dove. Ma come ne usciamo?
Come eliminiamo, per esempio, lo stress da densità, l’immigrazione insostenibile, la criminalità degli stranieri, l’incombente carenza di elettricità, il fallito sistema Schengen-Dublino, il disprezzo per le nostre libertà, lo smantellamento dei pilastri dello Stato, ecc?
In tali situazioni, c’è il rischio di perdersi.
Come aziende cui le cose vanno male, ci si attiene disperatamente ai propri aspetti negativi, alle proprie debolezze, invece di cercare i punti di forza e di mantenerli e promuoverli.
I punti deboli emersi negli ultimi trent’anni in Svizzera sono molti. Angosciati, si scopre che la Svizzera è piccola, non ha risorse naturali, dipende dall’estero, è messa sotto pressione dall’esterno. Come per gli sviluppi indesiderati dell’economia, si cerca la salvezza all’estero, dagli altri. Si comincia con le fusioni e si dimentica che abbiamo dei punti di forza che ci permettono di risolvere i problemi da soli.
Ora, non bisogna lottare contro le debolezze, no, bisogna esplorare e promuovere i punti di forza. Per la Svizzera è ancora relativamente facile trovare questi punti di forza. Sono lì sul tavolo:
Se analizzate attentamente, troverete molti altri punti di forza di questo tipo. Ci sono tutti – ma purtroppo sepolti e in parte logorati da un atteggiamento superficiale nei confronti della vita e da un’agitazione e ribellione politica quasi adolescenziale.
Tutto ciò è andato in tilt, anche a causa della buona situazione economica.
A che punto è l’UDC oggi?
È chiaro: se tutta la Svizzera è nel vicolo cieco, anche l’UDC è nel vicolo cieco. Quindi, usciamone. Apriamo questo sacco e svuotiamolo. Non frignare e non dire quello che non si è raggiunto, non lamentarsi di avere una cattiva reputazione, non guardare l’immagine. Occorre promuovere i punti di forza della Svizzera, ma anche quelli del partito. Quali sono i punti di forza dell’UDC?
Basti pensare ai due esempi più recenti: l’UDC ha portato al successo da sola il referendum contro i divoratori di elettricità. Un referendum che si svolgeva tra Natale e Capodanno, nel bel mezzo di una nuova e decisiva nomina in sostituzione di un Consigliere federale uscente. Bravo, presidente Marco Chiesa, tanti auguri! E complimenti e congratulazioni al consigliere nazionale vallesano Michael Graber. Il suo allarme sulla mancanza di firme poco prima di Natale è stato un eccezionale atto di leadership. Nessun altro partito sarebbe riuscito in questo atto di forza! Questa è una buona leadership.
Fa anche parte di una buona leadership e responsabilità la tempestiva prevenzione di sviluppi indesiderati, soprattutto nelle annate positive. Bisogna avere la forza di dire di no. Dire no alle aberrazioni antisvizzere significa dire sì a una buona Svizzera.
Signore e signori, per i disperati e i rassegnati tra noi che non sono più motivati. Guardate i successi dell’UDC:
Signore e signori, di recente si sono manifestati degli inaspettati sprazzi di luce. Siamo lieti di constatare che non siamo più soli nella nostra valutazione della situazione. Di recente, persino la NZZ – che altrimenti venera la libera circolazione delle persone dell’UE quasi come un santuario – titolava: «La Svizzera cresce in larghezza».[10] La Svizzera ha quindi solo una crescita quantitativa invece che qualitativa.
Perfino il caporedattore si è messo alla tastiera. Ascoltate e stupitevi: «I politici dipingono un mondo roseo pieno di migranti ben istruiti. In realtà, ci sono ambienti in cui l’integrazione è fallita. Ma da decenni si preferisce guardare altrove perché è più comodo».[11] Chiedo alla NZZ: a chi si riferisce effettivamente con «si»? Di certo non all’UDC!
All’inizio dell’anno, la «Sonntagszeitung» scriveva a caratteri cubitali: «Benvenuti nella Svizzera dei 9 milioni di abitanti»[12]. E un professore di storia dell’economia dell’Università di Zurigo diceva: «Si portano qui più persone di quante ne servano effettivamente»[13].
Anche dall’economia arrivano numerosi segnali in questo senso.
Improvvisamente, alcuni si stanno svegliando e vedono le cose più chiaramente per quanto riguarda l’immigrazione, il caos dell’asilo e la criminalità degli stranieri. In parte, anche politici di altro orientamento. Parlo spesso con politici di altri partiti. Ma aspettiamo le elezioni di quest’anno. Solo allora potremo scoprire se fanno anche sul serio. Oppure se stanno solo facendo qualcosa di critico prima delle elezioni, per ricadere poi nel vecchio malandazzo.
In tutta Europa, in realtà, tutti gli Stati vedono che Schengen/Dublino non funziona. Solo che non hanno ancora il coraggio di dirlo ad alta voce!
Ma in tali situazioni è necessario qualcuno che lo dica ad alta voce, che rompa la diga e apra così il sacco. Si deve poter di nuovo parlare di alternative! Forse, dopo le campagne elettorali del 2023, potremo affrontare i nostri grandi problemi con degli alleati. Non solo per quanto riguarda la migrazione e la questione energetica, ma anche per i problemi dei premi di cassa malati, della situazione ospedaliera, della mancata attuazione delle espulsioni, delle scuole inclusive, ecc.
Ma è necessario anche un approccio positivo e svizzero alla politica europea. Non solo il richiamo all’allineamento.
Dire no a sviluppi indesiderati è un compito importante, e questo deve rimanere uno dei compiti principali del nostro partito. Questa è la forza di leadership dell’UDC!
Signore e signori, l’UDC è rappresentata nel governo da due consiglieri federali. È un compito impegnativo quello di guidare la Svizzera sia nelle necessarie opere di rinnovamento che nella prevenzione di sviluppi indesiderati.
Il Consiglio Federale dovrebbe ora eseguire un rullo di tamburi liberatorio – risoluto, amichevole e rumoroso. Dovrebbe affrontare con coraggio gli Stati Schengen/UE e dire: «Questo sistema non funziona! La prova è facile da fornire. Lo potete vedere tutti. Per questo motivo la Svizzera dichiara una situazione di crisi e provvede essa stessa alla protezione alla frontiera. La Svizzera chiede agli Stati Schengen/Dublino di abbandonare il progetto fallito». Sono convinto che troveremmo molti consensi tra loro e la Svizzera potrebbe fare da apripista. Di colpo ci sarebbe un sospiro di sollievo liberatorio non solo in Svizzera, ma anche negli Stati dell’UE.
Signore e signori, due cose sono ora in primo piano:
Sì, le elezioni sono estremamente importanti. Esse determinano il personale dirigente per i prossimi quattro anni.
È vero che le principali disfunzioni del nostro Paese riguardano soprattutto la politica federale. Ma già in questi giorni abbiamo l’opportunità di indicare la strada nelle elezioni cantonali e di scegliere la libertà e la sicurezza nel cantone più popoloso ed economicamente importante della Svizzera, il canton Zurigo: un posto di lavoro su cinque nel nostro paese si trova nel canton Zurigo e il nostro cantone contribuisce per il 40% al sistema di perequazione finanziaria.
Noi zurighesi dobbiamo votare la lista n. 1. Con le persone sulla lista UDC 1, si può aprire il sacco e uscire dal vicolo cieco.
Altrettanto importante è la tradizionale alleanza borghese per l’elezione del governo.
L’UDC manda in campo i suoi due collaudati consiglieri di Stato Ernst Stocker e Natalie Rickli, forte del loro ottimo lavoro per il canton Zurigo. Meritano la rielezione.
Altrettanto, sosteniamo gli altri tre candidaati borghesi al governo:
per l’Alleanza di centro, Silvia Steiner e, per il PLR, Carmen Walker Späh e Peter Grünenfelder.
Sono tutti qui presenti.
Qui nel canton Zurigo siamo sempre riusciti a eleggere un governo borghese. Per questo motivo il nostro cantone si trova in una posizione migliore rispetto ad altri. Dobbiamo riuscirci di nuovo. Altrimenti avremo disfunzioni rossoverdi come quelle che vediamo ogni giorno nella città di Zurigo!
Signore e signori, non molliamo. Confidiamo nel popolo. E su quei politici che hanno a cuore il benessere del popolo più del proprio.
La Svizzera è per noi troppo importante per lasciarla solo in mano ai politici.
Viva la Svizzera!
Es lebe die Schweiz!
Vive la Suisse!
Viva la Svizra!
Auguro a tutti Voi un buon 2023!
[1] Kari Kälin: 65‘000 accoglienze provvisorie, solo 112 rinvii, consigliera nazionale chiede alla Confederazione di agire: Aargauer Zeitung, 25.11.2022, https://www.aargauerzeitung.ch/schweiz/fluechtlinge-von-65000-wurden-nur-112-ausgeschafft-macht-der-status-vorlaeufige-aufnahme-fuer-asylsuchende-noch-sinn-ld.2375965?reduced=true
[2] «Le naturalizzazioni sono vessazioni», Ameti e Pfister litigano sullo Stato federale, nel: «Sonntagsblick», 1.1.2023, Pag. 2–5.
[3] Arber Bullakaj lancia l’iniziativa per le naturalizzazioni, vuole più passaporti svizzeri, nel: «Sonntagsblick», 8.1.2023, Pag. 20–22.
[4] Rolf Holenstein: Ochsenbein, Ideatore della Svizzera moderna, Basilea 2009, Pag. 293.
[5] Friedrich Schiller: Wilhelm Tell. Dramma, Prima edizione Tübingen 1804.
[6] Discorso presidenziale di Ulrich Ochsenbein all’apertura della Dieta, 5 luglio 1847, in: Edgar Bonjour: La fondazione dello Stato federale svizzero, Basilea 1949, Pag. 213–220.
[7] Ibidem Pag. 219-220.
[8] Friedrich Schiller: Wallenstein (Trilogia), scritta 1796 –1799, Prima stampa 1800.
[9] Matthias Ackeret: «Il principio Blocher», 10. edizione 2022.
[10] Thomas Fuster: La Svizzera cresce in larghezza, Se si considera l’aumento del potere economico pro capite, la performance interna non è convincente, nella: NZZ, 10.12.2022, Pag. 25.
[11] Eric Gujer: La migrazione crea conflitti, nella: NZZ, 7.1.2023, Pag. 1
[12] Rico Bandle: Benvenuti nella Svizzera dei 9 milioni di abitanti, nella: «Sonntagszeitung», 1.1.2023, Pag. 2–3.
[13] Intervista con Tobias Straumann, in: «Sonntagszeitung», 1.1.2023, Pag. 5.