L’omosessualità non è né una razza, né un’etnia né, tantomeno, una religione. Con il pretesto di proteggere la pace pubblica dai discorsi di odio – un obiettivo di per sé legittimo – la norma svizzera detta «antirazzismo» (art. 261 bis del Codice penale) è spesso servita a intimidire o a criminalizzare l’espressione di opinioni semplicemente fastidiose, ma il cui contenuto non turbava per nulla la pace pubblica.
La cattiva redazione di questa norma e l’applicazione azzardata che ne è risultata da parte dei tribunali, sono valse alla Svizzera quattro umilianti condanne per aver attentato alla libertà d’espressione in misura giudicata inaccettabile in democrazia [CEDU, Perincek (2015), Mercan e cpv. (2017)]. Lungi dal trarne le conseguenze che s’imponevano, il Parlamento ha deciso, al contrario, di aggravare il rischio di arbitrio contenuto nella norma, con l’aggiunta di una nozione giuridicamente indeterminata supplementare: l’orientamento sessuale. Il Parlamento intende l’omosessualità, ma senza dirlo nella legge e guardandosi bene dall’indicare al giudice chiamato eventualmente ad applicare la nuova norma, se deve decidere lui stesso e, se sì, su che base, se la necrofilia, il feticismo, la gerontofilia, la pedofilia, la zoofilia, – la lista è vasta quanto la creatività umana, e quindi illimitata – siano o no degli «orientamenti sessuali» suscettibili di mandare in prigione chi avesse il cattivo gusto di esprimere ad alta voce una raccomandazione sfavorevole al loro indirizzo. Il referendum è stato lanciato dall’Unione democratica federale, è riuscito, e il popolo svizzero avrà quindi l’occasione di esprimersi in merito il 9 febbraio 2020.
Rifiutiamo l’estensione della museruola – la libertà d’espressione è in pericolo
Una nuova norma penale si giustifica solo in presenza di un fenomeno nuovo o di un comportamento nocivo in espansione, che non è possibile dissuadere con mezzi meno incisivi della minaccia di una sanzione. Ma la nostra società non è mai stata tanto disposta come oggi ad accettare con benevolenza il diritto di ognuno dei suoi membri ad avere la vita sessuale che preferisce. Non è quindi veramente la discriminazione nel mirino del legislatore e delle lobbies alle quali ha ubbidito. È invece la libertà d’espressione come condizione d’esercizio della democrazia e di altri diritti fondamentali. La libertà d’espressione è fatta per proteggere le opinioni che disturbano; le idee che non disturbano non hanno bisogno di alcuna protezione. Questa libertà esiste per premunirsi dall’ufficializzazione di un pensiero unico imposto dalla legge o dalla minaccia, che sia di una maggioranza o di una minoranza influente. Il ricorso al diritto penale al fine di condannare delle opinioni o di intimidire coloro che le esprimono senza attentare alla pace pubblica e quindi essenzialmente contrario alla democrazia. Salvo che voglia uccidere il dibattito democratico, nessuno oserebbe reclamare per sé il diritto di mai essere colpito nella propria soggettività dall’enunciato di un’opinione di terzi. Perché questo diritto esiste solo per i dittatori.
Controproducente e non migliorerebbe per nulla la pace pubblica
Non è nell’interesse né della società, né delle persone interessate associare l’orientamento sessuale al concetto di razza, di etnia o di religione. Il concetto di razza, infatti, rinvia a un genotipo acquisito e trasmesso in modo ereditario che conferisce agli individui delle caratteristiche comuni identificabili dall’esterno. Il Parlamento vorrebbe incoraggiare gli stereotipi lasciando intendere che l’orientamento sessuale sarebbe qualcosa che si può vedere dall’esterno e che non si acquisirebbe in altro modo. Ciò vale anche per il concetto di etnia che rimanda a un gruppo sociale i cui membri s’identificano fra di loro per un’ascendenza, una cultura o un vissuto comunitario che li distingue dalla società. Senza parlare della religione, definita da un sistema di credenze che sbocca in una pratica condivisa. Non solo il Parlamento ha appena inventato una norma auto-immune, capace di generare essa stessa gli stereotipi che dovrebbe reprimere, ma gioca con il fuoco ponendo l’orientamento sessuale sullo stesso piano penale della razza, dell’etnia e della religione.
Bisogna votare NO il 9 febbraio 2020.