Discorso

I valori della Svizzera sono calpestati

I partiti di sinistra, sostenuti da una schiera di medi, da parecchi mesi non parlano che del clima. Di riflesso, tutte le reazioni critiche, le interrogazioni sull’utilità dell’una o dell’altra misura, sono tacciate di false notizie o passate sotto silenzio. È quanto è successo dopo la distribuzione della nostra «Edizione straordinaria» e dopo la nostra conferenza stampa sul tema «La truffa eco-socialista contro il ceto medio».

Albert Rösti
Albert Rösti
Consigliere nazionale Uetendorf (BE)
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Si comincia con le previsioni del tempo che sembrano vieppiù annunciare la fine del mondo. Peraltro, sarebbe il caso di rallegrarsi del bel tempo dopo le diverse giornate di pioggia, e persino di neve, durante il mese di maggio. Tutti questi uccelli del malaugurio commettono lo stesso fondamentale errore, partendo dalla meteo del giorno per dedurne l’evoluzione climatica. È evidente che si tratta solo di campagna elettorale. Prova ne sia il fatto che gli articoli della stampa su questa tematica sono sempre accompagnati da commenti ironici che qualificano i demi dell’UDC come superati.

Signore e Signori, siccome anche il PLR si è appena unito al fronte della sinistra, è essenziale che almeno un partito in questo paese non miri unicamente alla percentuale di consensi e che non orienti la sua politica in funzione della meteo, girando come una banderuola, un giorno a destra e un giorno a sinistra. La nostra prosperità poggia su una Svizzera nella quale il popolo è sovrano perché può, grazie alla democrazia diretta, correggere l’azione dei politici quando lo giudica necessario. L’attuale prosperità non è un regalo caduto dal cielo. Sono i genitori della generazione iPhone, iPad, Zalando e che viaggia in tutto il mondo, ad aver lavorato duramente per ottenere questa prosperità. I loro valori devono essere difesi. Noi non seguiamo la moda, ma facciamo ciò che è importante per la Svizzera. Ogni giorno sentiamo notizie che confermano l’utilità della nostra lotta per i tre obiettivi seguenti:

  1. La libertà e l’indipendenza dall’UE e dal mondo
  2. La gestione e il controllo autonomi dell’immigrazione
  3. Imposte, tasse e prelievi moderati e meno burocrazia

Le sistematiche deformazioni della realtà da parte della sinistra unita, alla quale s’è aggiunto persino il PLR, e l’uniformità dei media messa sotto pressione d fusioni, celano ciò che ci aspetta proprio mentre stiamo vivendo una prosperità mai vista finora.

La Svizzera si sta sopprimendo da sola.

  1. La libertà e l’indipendenza dall’UE e dal mondo

Un pericolo immediato incombe sulla nostra libertà. Isabel Villalon, di formazione ingegnere, descrive questa situazione in maniera impressionante in INSIDE PARADEPLATZ. Permettetemi di citarne uno stralcio:

«In luglio 1940, Hitler passeggiava in una città di Parigi deserta e profondamente umiliata; la miserabile Repubblica d’Austria, residuo della prestigiosa monarchia austro-ungarica, era stata vittima dell’«Anschluss» e la tragicomica Italia fascista reclamava a gran voce delle conquiste «me too» dal balcone di Piazza Venezia.

La Svizzera era circondata da calamità e, il meno che si possa dire, è che la sua situazione era difficile. Hitler aveva già chiesto ai suoi generali di preparare un piano d’invasione.

Il Consiglio federale di quell’epoca era una banda di indecisi e di potenziali collaborazionisti tremanti di paura e forse già impegnati in negoziati segreti con la Germania nazista.

Pilet-Golaz, presidente della Confederazione, un radicale del canton Vaud, tenne un’allocuzione vergognosa alla radio e il conservatore zughese Philipp Etter (Etter-Kirsch?) ne lesse la versione tedesca.

“Il tempo della rinascita è venuto, ognuno di noi deve sbarazzarsi della sua vecchia identità. (…) Confederati, oggi avete il dovere di seguire il vostro governo che sarà per voi una guida sicura e affidabile, ma che non potrà sempre spiegare e motivare le sue decisioni”.

Che cosa intendeva dire il Consiglio federale parlando di rinascita e di rinnovamento, di guida? Perché non parlò di libertà, d’indipendenza, di resistenza? Il popolo svizzero comprese questo discorso come una preparazione a una resa senza condizioni. Delle ore difficili.

Ma il generale Henri Guisan, comandante in capo dell’esercito svizzero, con un breve discorso di fronte a 420 comandanti militari tenuto il 25 luglio 1940, il famoso Rapporto del Gruetli, spazzò via le dichiarazioni nebulose e disfattiste del presidente della Confederazione.

Un uomo: Guisan

Egli non si attenne al manoscritto vago ed evasivo che gli avevano preparato i suoi collaboratori nello spirito del discorso di Pilet-Golaz.

Resistenza e non allineamento, ecco il suo motto. Ridotto alpino, distruzione dell’asse nord-sud in caso di invasione, battersi fino all’ultima fortificazione alpina.

Delle parole chiare che elettrizzarono il suo auditorio. La serenità e la fermezza del generale si trasmisero dapprima al corpo degli ufficiali, in seguito a tutto il popolo svizzero. Un discorso di 20 minuti che cambiò tutto, come hanno riportato dei testimoni dell’epoca.

20 minuti di cui avremmo urgente bisogno oggi. Come allora, il Consiglio federale tende ad allinearsi su un’UE che ci circonda e ci minaccia.

I sotterfugi di fronte al popolo sono diventati la regola. Non sappiamo più per chi il Consiglio federale sta negoziando a Bruxelles – per il popolo svizzero o piuttosto per degli interessi particolari di qualche settore economico e le loro associazioni?

La direzione generale di questa politica può tuttavia essere dedotta dalle manovre collaterali del Consiglio federale. Essa mira chiaramente alla conclusione dell’accordo-quadro con l’UE e alla liquidazione parziale della sovranità svizzera come esiste ora.

L’abbindolamento dei sindacati mediante una rendita-ponte per i lavoratori svizzeri anziani sacrificati sull’altare della libera circolazione delle persone, sarà senza dubbio piuttosto il preludio che non il finale.

Una stampa integrata nel sistema è utilizzata per sedare i timori, dei timori di fronte a un’UE onnipotente che disporrebbe di molti mezzi per schiacciare l’economia svizzera. Si parla di equivalenza borsistica e di esportazioni. Sempre la stessa tiritera. Si fa paura al popolo dipingendo sul muro dei rischi esistenziali.

Gli eurofanatici sono riusciti astutamente a provocare un’associazione di idee in molti Svizzeri: tutto ciò che è contro l’accordo-quadro e contro una progressiva integrazione nell’UE corrisponde all’abbreviazione UDC.

La situazione attuale può perfettamente essere paragonata a quella che regnava dopo le allocuzioni radiofoniche di Pilet-Golaz e di Etter. Gli Svizzeri cominciano a sospettare che il Consiglio federale stia preparando una resa totale nei confronti dell’UE.

Il popolo è diviso e incerto perché il Consiglio federale, come allora, agisce in modo occulto e pratica una comunicazione truccata.

Che cosa farebbe oggi il generale Guisan per modificare la situazione di fronte all’UE?

Con i suoi modi eleganti, calmi e sicuri, farebbe comprendere all’UE i limiti da non superare. I limiti di una Svizzera che può anche agire diversamente: per esempio, reintrodurre il segreto bancario internazionale (per la grande gioia di molti cittadini UE), rescindere l’accordo SAI (scambio automatico d’informazioni, NdT), porre degli ostacoli burocratici all’utilizzo dell’asse di transito nord-sud, limitare l’accordo sui frontalieri.

Un nuovo ridotto nel cuore dell’Europa, versione 2.0? Non sarebbe esattamente nell’interesse dei potenti dell’UE.

Sono completamente pazzi. Mai potrà funzionare, penseranno senza dubbio alcuni lettori. Ci distruggerebbero. Ed è esattamente ciò che pensarono molti all’epoca. Tuttavia, le forze dell’asse non toccarono la Svizzera.

Pilet-Golaz, il campione dell’allineamento, dimissionò vergognosamente nel 1944, dunque ancora prima della fine della guerra. E non lasciò un ricordo glorioso nella storia della Svizzera.»

Farei fatica a descrivere più precisamente la situazione attuale. E coloro che pretendono che l’accordo-quadro ha molti avversari, si sbagliano. È solo tattica elettorale. Altrimenti, il Consiglio federale parlerebbe finalmente in termini chiari di fronte all’UE. Un’UE che, tramite Juncker, non prende assolutamente la Svizzera sul serio accordandole un termine di 7 giorni a seguito della sua domanda di chiarimenti. Un termine più corto di quello accordato a un criminale per decidere se ricorrerà contro la sua condanna. Sarebbe ora che il Consiglio federale dica chiaramente: «Noi non firmeremo l’accordo-quadro. Noi non pagheremo il miliardo per la coesione. Noi veglieremo da soli sul buon funzionamento della nostra borsa.»

  1. La gestione e il controllo autonomi dell’immigrazione
    Siamo tutti d’accordo in questa sala. Infatti, ogni Svizzero e ogni straniero in questo paese dovrebbe capire, di fronte ai treni sovraccarichi, alle strade intasate e auna cementificazione eccessiva del paesaggio, che la Svizzera semplicemente non è in grado di sopportare un’immigrazione di un milione di persone nello spazio di 13 anni. Certo, ci si lamenta della perdita di terreni a causa delle costruzioni, degli ingorghi, dei problemi nelle scuole e dei cambiamenti di mentalità nelle aziende, ma nessuno vuole entrare in materia sulla nostra iniziativa. Anche il Consiglio federale l’ha appena respinta.

Un milione di abitanti in più, circa 700’000 veicoli supplementari – questa evoluzione condurrà la Svizzera verso il disastro se prosegue così. Almeno, il Consiglio federale ha riconosciuto che i lavoratori anziani hanno gravi problemi di fronte all’afflusso di una manodopera straniera giovane e a buon mercato. Ma, come d’abitudine in questa materia, il Consiglio federale rifiuta di curare il male alla radice e si limita a combatterne i sintomi confezionando un pacchetto di 200-300 milioni di franchi (o addirittura molti di più) che permetterà il pensionamento dei lavoratori a partire dai 60 anni. Essi possono rallegrarsi: a partire dai 58 anni vivranno a spese dell’assicurazione-disoccupazione, poi a spese dello Stato.

Si crede veramente che, con quest’offerta dello Stato, le imprese si daranno ancora la pena di impiegare dei salariati anziani, quando possono semplicemente assumere manodopera giovane e a buon mercato proveniente dai quattro angoli dell’Europa? L’intenzione politica del Consiglio federale è chiara: cerca di tagliare l’erba sotto ai piedi dell’iniziativa per la limitazione. Sarà la campagna di voto più cara di tutti i tempi condotta dalla Confederazione. Perché è evidente che questa manovra costerà molto più dei 300 milioni di franchi. Gonfieremo il nostro sistema sociale di qualche miliardo di franchi – sì, di qualche miliardo – supplementare. Ripeto quanto ho già detto: la Svizzera si sta evolvendo nella stessa direzione della Grecia. È del tutto incomprensibile che un’associazione padronale partecipi a questa manovra e che i radicali-liberali, i cui rappresentanti in Consiglio federale hanno lanciato quest’idea, non vi si oppongano massicciamente. Stiamo assistendo al degrado dei valori di partiti politici che un tempo erano i pilastri dello Stato. Come spiegare alla donna o all’uomo della strada che si vuole aumentare l’età di pensionamento delle donne, ponendo nel contempo il pensionamento dei salariati a 60 anni e spalancando le porte agli immigranti?

Il nostro terzo tema, sempre di scottante attualità: imposte, tasse e prelievi moderati e meno burocrazia
Delle misure veramente diaboliche ci attendono con il pretesto della protezione dell’ambiente. Il PS e I Verdi si lamentano a gran voce del presunto raffreddamento sociale della Svizzera, ma è pura ipocrisia. Per questa ragione, la nostra assemblea dei delegati ha per titolo «Una sinistra irresponsabile schiavizza il ceto medio». Noi dobbiamo insorgere contro questa minaccia. Non è ancora troppo tardi. Le elettrici e gli elettori possono raddrizzare la situazione il 20 ottobre 2019.

È ormai da molto tempo che la sinistra svizzera non fa più una politica sociale. Al contrario, il programma del capo socialista, Christian Levrat, e compagni è diretto proprio contro la popolazione laboriosa, contro le persone a reddito modesto, contro i salariati, contro i locatari, contro le famiglie, contro i risparmiatori, contro i pendolari, contro i proprietari del loro alloggio, contro le regioni rurali e contro le arti e mestieri. Pur pretendendosi sociali, il PS e i Verdi praticano una politica antisociale e irresponsabile di messa sotto tutela e di rieducazione da parte dello Stato.

La sinistra vuole solo una cosa: denaro, denaro e ancora denaro. Essa attinge spudoratamente dai portamonete delle cittadine e dei cittadini. Gli interventi politici dei socialisti e dei verdi mirano principalmente a privare le donne e gli uomini delle loro proprietà, a portare loro via il denaro duramente guadagnato per ridistribuirlo. E, come va ormai di moda, usano e abusano di temi ecologici.

Nel nostro nuovo documento di fondo intitolato «La truffa eco-socialista contro il ceto medio», facciamo il conto di quanto la politica del capo socialista Christian Levrat e compagni costa alle cittadine e ai cittadini. Legumi bio, vetture elettriche, elettricità solare, alloggi energeticamente efficaci, meno aerei – belle idee, ma questa politica ecologica aumenta facilmente gli oneri di un’economia domestica media di oltre 20’000 franchi l’anno.

Bisogna essere ricchi per avere i mezzi per votare socialista o verde?

La politica eco-socialista è profondamente antisociale e irresponsabile. Essa colpisce in primo luogo i bassi redditi e il ceto medio – giovani in formazione, famiglie, pendolari, locatari, tutti coloro che ogni mattina si alzano e si rimboccano le maniche per lavorare duramente.

Perciò è evidente: coloro che vogliono rafforzare il ceto medio, che rifiutano di punire l’impegno e che vogliono salvaguardare la prosperità faticosamente guadagnata della Svizzera, devono votare UDC il prossimo 20 ottobre.

Albert Rösti
Albert Rösti
Consigliere nazionale Uetendorf (BE)
 
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