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Liberare la democrazia da qualsiasi orientamento partigiano

Ci fu un tempo quando il canone radio-TV aveva senz’altro senso. A quell’epoca, radio e televisioni private erano quasi inesistenti, per cui era essenziale che la popolazione potesse essere tenuta al corrente degli avvenimenti tramite un medium nazionale finanziato dalla collettività pubblica. Nel corso dei tempi, le onde si sono democratizzate. Molti attori hanno fatto la loro apparizione sul mercato, proponendo un’offerta ricca e variegata e rendendo così il canone obsoleto, o addirittura controproducente. Infatti, assicurando un flusso continuo di denaro alla SSR, Billag le ha permesso di mantenere un sistema destinato a sparire per mancanza di adattamento. Nell’ambiente medico si parlerebbe di accanimento terapeutico.

Céline Amaudruz
Céline Amaudruz
Direzione del partito Genève (GE)
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Invece di ripensare il modello iniziale in funzione dell’evoluzione contemporanea, il nostro medium statale ha potuto perseverare su una via senza uscita, in un momento nel quale il mondo intero è disponibile su un semplice telefono portatile. La Francia ha vissuto una rivoluzione di questo genere quando, nel 1981, appena eletto presidente della Repubblica, François Mitterand autorizzò le radio pirata che divennero così radio libere. Ci fu una sovrabbondanza di stazioni, ognuna con uno stile particolare. L’ascoltatore era così libero di scegliere ciò che voleva ascoltare, liberato dalla propaganda assicurata per molto tempo dal ministero dell’informazione. Lungi dallo sterilizzare il panorama mediatico, l’impulso del privato l’ha chiaramente arricchito e diversificato, presentando inoltre un obbligo di raggiungere dei risultati. Infatti, come tutte le aziende i cui prodotti non fossero buoni, qualunque medium sarebbe destinato a sparire se non trovasse il suo pubblico.

Ci si spiega che il canone costituisce un ingranaggio essenziale della nostra democrazia perché, per suo tramite, la SSR fornisce le informazioni necessarie alla formazione dell’opinione. Tale concetto suona quasi come un insulto verso noi cittadini liberi e responsabili. Forti di una tradizione democratica di oltre sette secoli, saremmo davvero dei clienti prigionieri di giornalisti che, solo loro, sarebbero in grado di analizzare fatti e situazioni per dirci che cosa bisogna pensare? In tutto ciò si ritrova tutta l’arroganza tradizionale delle élite che si ritengono in dovere di guidare il popolo, forzatamente rozzo e incolto, sul cammino della felicità. Ci perdoneranno i depositari di questa visione delle cose, ma siamo perfettamente capaci di andare a cercare le informazioni di cui abbiamo bisogno là dove si trovano, è addirittura un dovere civico di approfondire l’opinione che ci offre Billag. Se, per delirio d’ipotesi, dovessimo accontentarci di ciò che la SSR ci propone, saremmo tutti pro-Europa e socialisti. Il grande pensatore francese del secolo scorso, Alfred Sauvy, diceva che, bene informati, gli uomini sono degli uomini; male informati, diventano dei sudditi. Inverto volentieri la frase: noi siamo dei cittadini, perché sappiamo informarci.

All’ora attuale, siamo non soltanto obbligati a pagare un prodotto di cui non abbiamo bisogno, ma contribuiamo con il canone alla diffusione di un’ideologia che combattiamo, quella del partito socialista. Per noi, Billag è il dovere dei popoli di indisporre se stessi. Sopprimere Billag, è una dimostrazione tangibile della fiducia che poniamo nel cittadino libero e responsabile, atto a prendere le sue decisioni in totale indipendenza, sbarazzato dei paraocchi che paga per avere una visione solo molto parziale delle cose. Contrariamente a quanto pretendono i sostenitori di Billag, è proprio la sua soppressione che è essenziale per la democrazia, una democrazia liberata da qualsiasi orientamento partigiano.

Si avanza anche l’argomento secondo il quale la coesione nazionale sarebbe messa a rischio in caso di accettazione dell’iniziativa. E anche qui si ritrova l’arroganza di cui ho appena parlato. Chi sono, questi pezzi grossi della SSR, per pretendere di essere il cemento del nostro paese? La Svizzera è una paziente costruzione della storia che riunisce uomini e donne aventi scelto di unire il proprio destino. Essere svizzeri non è ascoltare la radio o guardare la televisione, essere svizzeri è condividere delle radici comuni, usi e costumi, una storia, essere svizzeri è amare il proprio paese e volerlo difendere. Noi siamo patrioti, non abbiamo bisogno che ci si tenga per mano per fare ciò di cui il nostro paese ha bisogno.

Altro elemento, il canone nella sua forma attuale costituisce una grave distorsione del mercato mediatico, nella misura in cui esonera la SSR da qualsiasi obbligo di qualità perché il denaro entra comunque, che il consumatore sia soddisfatto o no. Non è d’altronde un caso se molti inserzionisti propongono le loro pubblicità sulle reti francesi, coscienti che sempre più persone vanno a cercare all’estero ciò che il canone rifiuta loro.

Ci si annuncia anche che, in caso d’accettazione di NO Billag, sarebbe la fine della SSR. Questa minaccia è davvero una fanfaluca. Sappiamo bene che Consiglio federale e parlamento trovano sempre delle alternative alle decisioni popolari a loro sgradite. Ricordiamoci l’espulsione dei criminali stranieri. Il testo era chiaro ma, passato nel tritacarne federale, ne resta solo un testo inutile, tanto le possibilità di deroga sono numerose. Stessa cosa con l’iniziativa del 9 febbraio contro l’immigrazione di massa. È Bruxelles che ha dettato il testo finale, riducendo a zero la volontà popolare espressa inequivocabilmente. E sarà sicuramente lo stesso per NO Billag. Quando gli avversari annunciano la morte della SSR in caso d’accettazione dell’iniziativa, cercano di farci credere che intenderebbero rispettare il verdetto delle urne. Non ci credo neanche per un minuto, e il recente passato lo dimostra. Il parlamento e il Consiglio federale hanno scelto di aggirare dei testi chiari e adesso, in un sussulto democratico tanto inatteso quanto improbabile, il mondo politico, come se niente fosse, cerca di persuaderci che rispetterà la volontà del sovrano. È una vera presa in giro.

Non abbiamo bisogno di sette reti TV e di diciassette radio. E nemmeno, l’azienda SSR mira ad assicurare un servizio equo su tutto il territorio, bensì a giustificare il budget relativo a un’espansione tentacolare che oltrepassa ampiamente il mandato di servizio pubblico che le è affidato. Tutto ciò deve cessare. Pretendere che lo sport non sarà più diffuso rasenta il ridicolo. Noi resteremo fan s di Roger Federer, Steve Guerdat o Beat Feuz con o senza Billag.

Sostenendo NO Billag risparmieremo CHF 450.- l’anno e costringeremo finalmente il partito socialista a pagare lui stesso la sua propaganda.

Céline Amaudruz
Céline Amaudruz
Direzione del partito Genève (GE)
 
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