Discorso

2017: anno chiave per l’indipendenza della Svizzera

Vi ringrazio di essere venuti fin qui in questo bel comune del Basso Vallese, e vi sono riconoscente della vostra fedeltà alle nostre assemblee. Sarà pure l’occasione per manifestare il nostro sostegno all’UDC Vallese per le prossime elezioni. Le auguriamo il massimo successo e un forte aumento dei suoi elettori. Forza UDC Vallese!

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La vostra presenza è più importante che mai. Nei prossimi mesi, non dovremo più solo far fronte a dei giochetti politici; non si tratterà più di vergognose manovre di qualche politico di basso livello nel tentativo di nuocere all’UDC per nascondere le proprie carenze, di politici che, come abbiamo potuto constatare lo scorso dicembre, non esitano nemmeno a venire a patti con i socialisti. No, saremo confrontati con temi politici che toccano le fondamenta della Svizzera. È a noi e solo a noi che toccherà il compito di impedire la distruzione della Svizzera, di evitare che la Svizzera perda la sua indipendenza, la sua democrazia diretta, in breve tutto ciò che ha fatto il successo e la prosperità del nostro paese. Ecco perché questa assemblea dei delegati è stata intitolata “2017: anno chiave per l’indipendenza della Svizzera”.

Una scottante attualità ci ricorda con insistenza la promessa elettorale che tutti i candidati dell’UDC alle elezioni federali 2015 hanno fatto il 22 agosto di quell’anno, quindi solo un anno e mezzo fa, a St. Luzisteig davanti alla bandiera svizzera e sotto lo sguardo severo del mio predecessore Toni Brunner. Già a quell’epoca, sotto il motto “Restiamo liberi”, abbiamo fatto al popolo svizzero le seguenti promesse:

“Noi vogliamo

  • nessuna integrazione nell’UE e nessun riconoscimento di giudici stranieri, affinché possiamo decidere noi stessi del nostro destino;
  • limitare l’immigrazione e non una Svizzera di 10 milioni d’abitanti, affinché possiamo continuare ad avere una patria intatta e nella quale sia bello vivere;
  • espellere gli stranieri criminali e combattere gli abusi nel settore dell’asilo, affinché possiamo vivere in sicurezza;
  • imposte moderate per tutti e meno regolamentazioni statali, al fine di assicurare posti di lavoro.”

Tutti questi obiettivi sono oggi rimessi in questione dal Consiglio federale, dal Parlamento e dal Tribunale federale.

Le imposte e le regolamentazioni statali si sono gravemente appesantite. Lo scorso settembre, il nuovo Parlamento ha approvato una legge sull’energia nella pura tradizione dell’economia pianificata, moltiplicando le prescrizioni, i divieti, gli obblighi e i prelievi fiscali in tutti i settori della vita – al lavoro, al domicilio e nella mobilità. Secondo l’articolo 3 della nuova legge, il consumo d’energia dovrebbe essere ridotto del 43%, dunque quasi della metà, entro il 2035, ossia dopo soli 18 anni dall’entrata in vigore delle nuove norme. In realtà, la Confederazione tenta di realizzare per vie traverse il progetto “economia verde” che il popolo ha appena rifiutato. Questo obiettivo può essere raggiunto unicamente mediante aumenti massicci di tasse e imposte sull’elettricità, sui carburanti, sui combustibili e sul gas. Secondo diversi studi scientifici – queste cifre non sono state inventate dall’UDC – questa modifica dell’approvvigionamento elettrico e questi risparmi d’energia costeranno 200 miliardi di franchi, ossia 3’200 franchi l’anno per una famiglia di quattro persone. In occasione del congresso sull’elettricità che ha avuto luogo l’altro ieri, il presidente della CAPTE, il consigliere nazionale PPD Müller Altermatt, è venuto a dirmi che se si risparmiasse il 43% d’energia si risparmierebbero soldi. Peccato che, risparmiando in tal modo, si muoia di freddo in inverno e si debba fare a piedi metà del tragitto da casa al posto di lavoro. Questo mi ricorda la storia del contadino che voleva disabituare il suo asino dal mangiare. Quando alla fine il povero animale aveva perso l’abitudine di mangiare, era morto. L’UDC si batterà perché non si arrivi a questo punto.

È grazie all’UDC che potremo votare il prossimo 21 maggio sulla disastrosa legge sull’energia. Vi ringrazio per i vostri sforzi nella raccolta delle firme e vi esprimo il mio rispetto. Infatti, avevamo solo un mese di tempo per raccogliere le firme necessarie. Abbiamo dovuto batterci fino a fine novembre contro l’iniziativa per l’abbandono del nucleare, poi abbiamo perso tempo a causa delle feste di fine anno. È stato necessario un grande sforzo e possiamo essere fieri del nostro successo. Ma il Consiglio federale continua a metterci i bastoni fra le ruote. Fissando la data della votazione già al mese di maggio, ci lascia poco tempo per rendere consapevole la popolazione dei costi enormi che attendono gli abitanti di questo paese. Vi ringrazio dunque per il vostro sostegno in occasione della raccolta delle firme e anche della vostra futura partecipazione alla campagna di voto. Il mandato è chiaro: ogni sezione posa dei manifesti, redige delle lettere dei lettori e fa propaganda da bocca a orecchio.

Ma c’è stato di peggio durante la sessione parlamentare di dicembre, che non l’approvazione di questa legge sull’energia d’ispirazione comunista. Come dei volgari traditori della patria, i deputati hanno rifiutato a maggioranza di applicare la decisione del popolo per la gestione dell’immigrazione. Mi aspettavo che l’arroganza insopportabile con la quale il Parlamento, il Consiglio federale e il Tribunale federale hanno ignorato l’anno scorso la volontà della maggioranza del popolo e la Costituzione federale non potesse essere superata. Ve lo dico: mi aspettavo perfino che la Berna federale tornasse ai valori tradizionali dell’indipendenza e della democrazia che hanno fatto il successo della Svizzera, perché vasti ambienti estranei all’UDC avevano criticato questa violazione della Costituzione. Grave errore! La nuova presidente della Confederazione, Doris Leuthard, ha chiaramente annunciato, al momento della sua entrata in funzione, che il Consiglio federale concluderà nel 2017 un accordo-quadro istituzionale con l’UE e che lo presenterà al Parlamento. L’appetito vien mangiando: dopo avere ignorato una prima volta la volontà del popolo nella questione dell’immigrazione, il governo continua allegramente per la sua strada e tenta di affossare definitivamente la democrazia diretta sottomettendo la Svizzera all’UE.

Di che cosa si tratta? In tutti i settori nei quali la Svizzera intrattiene dei rapporti bilaterali con l’UE, il diritto svizzero sarà automaticamente adeguato a qualsiasi modifica del diritto UE. Se il popolo svizzero decide altrimenti tramite referendum, l’UE potrà prendere delle misure di compensazione, in altre parole delle sanzioni e, in caso di litigio, toccherà alla Corte di giustizia dell’UE decidere. Inoltre, la Svizzera passerà alla cassa per dei pagamenti di coesione. Si capisce perché dei tipi come Fluri, Wermut, Müller, Funicella, Levrat e compagnia bella tentavano di spingerci a lanciare al più presto il referendum o un’iniziativa per la rescissione. Perché cercano di sviare l’attenzione dalle loro intenzioni ancora più dannose per la Svizzera, ossia un trattato di sottomissione all’UE che permetterebbe di annullare i risultati delle votazioni popolari, quali che siano.

Ma non ci lasciamo ingannare. Noi metteremo tutto in atto per impedire questo trattato di sottomissione. Lo scopo non è soltanto quello di ridare alla Svizzera i mezzi per gestire in modo autonomo l’immigrazione sul suo territorio ma, in generale, per salvaguardare l’indipendenza, la democrazia diretta e il modello di successo svizzero. Come vi dicevo, il 2017 sarà un anno chiave per il futuro della Svizzera.

 
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