L’indipendenza sottintende anche dei comuni e dei cantoni autonomi

La Svizzera non è nata per sottomettersi. Noi, Svizzere e Svizzeri, non cederemo mai la nostra indipendenza e la nostra sovranità – né nel nostro paese, né di fronte a Stati stranieri.

Marco Chiesa
Marco Chiesa
Consigliere nazionale Ruvigliana (TI)
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Sono felice di poter condividere con voi alcune riflessioni sull’autonomia dei nostri comuni e cantoni. La nostra indipendenza in politica interna si esprime senza dubbio soprattutto con il federalismo. Federalismo non significa anarchia. Federalismo non significa che ognuno può fare ciò che più gli aggrada. Federalismo significa invece apprezzare di più ciò che possediamo, ossia in primo luogo la nostra diversità culturale e linguistica. Nessuno di noi è disposto a obbedire incondizionatamente. Nessuno di noi s’inchina di fronte a regole che gli sono imposte da uno Stato centralista che cerca di farci danzare come delle marionette. Ciò non è nella natura delle donne e uomini liberi che noi siamo. E ciò non è nella natura di un popolo che è cresciuto con la democrazia diretta.

Non dobbiamo cedere di un millimetro, quando si tratta della nostra indipendenza. L’autonomia dei comuni e dei cantoni deve assolutamente essere mantenuta. Perché sono i comuni e i cantoni che sono più vicini alle cittadine e ai cittadini, e che meglio conoscono i loro bisogni. Guardiamoci bene dall’abbandonare il nostro Stato federalista e dal perdere la base fondamentale della nostra diversità sociale e del nostro successo economico.

La tentazione di imporre delle leggi dall’alto è e resterà sempre grande. I tentativi di governare la Svizzera in questo modo si stanno incontestabilmente moltiplicando.

L’UDC, che ha sempre combattuto queste tenenze antisvizzere, mi ricorda i «volontari di Lugano» della fine del 18° secolo. Questo corpo di volontari riuscì a difendere la mia città d’origine dall’attacco della Repubblica cisalpina nel febbraio del 1798. Fondata da Napoleone, questa repubblica voleva riunire in uno stesso Stato tutti gli abitanti di uguale lingua e cultura. Per questo cercava di sottomettere anche le regioni italofone della Svizzera.

Ma – e lo dico con grande orgoglio – il popolo di Lugano si riunì al motto di «liberi e svizzeri» per scagliarsi contro questi invasori. Vogliamo essere Luganesi, Ticinesi ma, soprattutto, Svizzeri. Questo vollero i miei antenati, e per questo si batterono. In altre parole, anche in Ticino siamo nati per essere liberi. Noi vogliamo essere una parte di questo straordinario paese che è la Confederazione svizzera. La Svizzera, una nazione creata dalla volontà delle sue cittadine e dei suoi cittadini, un paese che non è sottomesso a nessuno.

L’indipendenza dei comuni e dei cantoni ha costituito finora la preziosa base su cui fondiamo la nostra cultura e la nostra prosperità. È l’essenza stessa del federalismo. Il federalismo è una formula magica grazie alla quale la Svizzera italofona si sente a casa sua in un’assemblea dei delegati composta da rappresentanti di tutti i cantoni. Ed è vero: io qui mi sento a casa mia.

Noi dobbiamo proteggere i nostri valori dal centralismo e, soprattutto, da un centralismo sullo stile di quello tristemente celebre della Commissione europea. L’UE è guidata da un’élite e i cittadini non sono che dei sudditi. Le cittadine e i cittadini sono assoggettati a delle regole che non hanno fatto loro e che non possono contestare. La Svizzera non sarebbe la Svizzera se sopprimesse l’indipendenza dei comuni e dei cantoni. Senza la sua indipendenza, la Svizzera non sarebbe più il «Sonderfall», il caso particolare da tutti invidiato per la sua democrazia diretta che dà ai cittadini il ruolo che loro spetta. Serriamo le fila per preservare questi princìpi. Io sono certo che i nostri figli ci saranno riconoscenti, come noi Luganesi siamo oggi riconoscenti a coloro che gridarono forte e chiaro «liberi e svizzeri!».

Marco Chiesa
Marco Chiesa
Consigliere nazionale Ruvigliana (TI)
 
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