Rafforzare i valori della patria e dell’identità svizzere

Che cos’è la patria per me? È il luogo dove vivo, ma la patria sono anche le donne e gli uomini che mi stanno attorno e che condividono i miei valori, i valori svizzeri. Quando si tratta di patria, penso spontaneamente a uno dei posti da me preferiti, il «Kessel», un panorama eccezionale nella vallata di Üschinen, a 2000 metri sopra il livello del mare, da dove si gode una bella vista sulla valle e su Kandersteg, il comune nel quale sono cresciuto.

Albert Rösti
Albert Rösti
Consigliere nazionale Uetendorf (BE)
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È là che ho trascorso le mie estati con i miei genitori, sull’alpe con una sessantina di capi di bestiame. Ed è là che mio fratello, come già facevano i miei genitori, produce il famoso formaggio alpino dell’Oberland bernese AOC. Ogni primo agosto celebriamo con altre famiglie di alpigiani la festa nazionale sul Kessel. Mi ricordo – ero allora un liceale – quando mi sdraiavo sull’erba morbida a osservare le cime innevate attorno a me. L’aria era dolce e soffiava un leggero vento. Mi sentivo libero, protetto, in sicurezza. Questa piacevole sensazione me la ricordo volentieri nelle situazioni spiacevoli o di stress.

Non sono solo questo ambiente e questa natura che mi fanno bene. Sono anche i ricordi di uomini e donne che mi hanno inculcato da bambino dei valori come la lena nel lavoro, la perseveranza e l’impegno. Questo mondo semplice, spesso duro ma molto bello, mi ha segnato molto di più e più durevolmente di tutte le teorie ascoltate nelle aule dell’ETH di Zurigo o dell’università di Rochester. Molte persone di sinistra penseranno che sto delirando e che sogno dei cliché. Eppure, sono dopotutto questi valori che hanno dato vita al modello di successo svizzero. È solo grazie a questi valori che s’è sviluppata un’industria performante che oggi esporta i suoi prodotti di qualità in tutto il mondo e che crea la prosperità della Svizzera. Il patriottismo è un sentimento positivo. Cito a questo proposito un passaggio del nostro programma politico:

«Abbiamo il diritto di essere fieri e riconoscenti di poter vivere in Svizzera. Mai la Svizzera ha praticato un nazionalismo «sangue e suolo». La Svizzera non è mai stata una monarchia; non ha mai seguito un dittatore, e mai s’è lasciata abbagliare dalle mortali utopie del socialismo. Questa ripugnanza di fronte a qualsiasi tentativo di messa sotto tutela – dall’esterno come dall’interno – si spiega con la maniera stessa in cui la Svizzera è stata creata. La Svizzera s’è sviluppata nel corso dei secoli manifestando fin dall’inizio una forte volontà d’indipendenza. Noi conosciamo una partecipazione democratica della popolazione che risale agli albori della Confederazione. Guglielmo Tell simboleggia il diritto alla resistenza, Arnold von Winkelried il principio confederale «uno per tutti, tutti per uno», San Nicolao della Flue la Svizzera consapevole dei suoi limiti «non allargate troppo i confini») e capace di sormontare le sue contraddizioni politiche, linguistiche e confessionali con l’impegno per la patria comune. Il messaggio fondamentale illustrato da questi simboli – autodeterminazione e non sottomissione a un’autorità esterna – è comprensibile per chiunque, indipendentemente dalla sua origine. Ed è proprio questa la forza integrante dell’idea svizzera.»

Abbiamo un problema con gli stranieri
Questi ideali si scontrano con un modo molto diverso che vivo quotidianamente. Durante i miei numerosi viaggi attraverso la Svizzera, vedo sempre lo stesso scenario nelle grandi stazioni: gruppi di migranti economici alcolizzati, abbigliati in vestiti di marca, che girano dappertutto, persone che evidentemente non vogliono integrarsi, che non sanno come impiegare il proprio tempo e che vivono a spese dei contribuenti. Che lo si voglia o no, le statistiche sono perfettamente chiare: circa il 50% degli assistiti sociali è costituito da stranieri, benché la loro quota della popolazione non rappresenti «che» il 25%. La stessa constatazione vale per i crimini violenti: anche qui, il numero di delinquenti stranieri è sproporzionato. Non si tratta di una mia invenzione, ma di cifre confermate dalla Confederazione. Durante il dibattito in Consiglio nazionale su questo tema, abbiamo interpellato la consigliera federale Simonetta Sommaruga. L’ex-ministra della giustizia si è ostinatamente rifiutata di ammettere che la Svizzera ha un problema di criminalità straniera. Ha preferito parlare di un «problema di uomini». Ebbene, Signore e Signori, noi abbiamo un problema con gli stranieri.

Nello spazio di dieci anni, gli oneri sociali sono passati da un miliardo a 2,7 miliardi di franchi. Benché il numero di richiedenti diminuisca, gli oneri della Confederazione in questo settore non cessano di aumentare. Oggi, la Confederazione spende circa due miliardi di franchi per l’asilo. Ma poiché la Confederazione dopo sette anni al massimo non paga più l’assistenza sociale nel settore dell’asilo, i cantoni e i comuni devono passare alla cassa. In altre parole, i contribuenti si fanno salassare. Anche gli uomini e le donne che lavorano duramente nella valle di Üschinen devono pagare per i migranti economici.

Impegnarsi per una Svizzera libera e sicura significa, per forza di cose, votare UDC.
Noi abbiamo il dovere di conservare la nostra magnifica patria per le generazioni future. Ma per questo, la Svizzera deve restare libera e sicura. Il tema della migrazione è quindi in testa alla lista delle nostre azioni politiche: da una parte, dobbiamo difendere la nostra iniziativa per la limitazione e, dall’altra, continuiamo a fare pressione nel settore della sicurezza e a esigere una politica d’silo più severa. Noi costituiamo un polo opposto alla sinistra, ma anche al centro che non sa mai molto bene dove situarsi. Cito ancora una volta il nostro programma:

«La sinistra politica intrattiene dei rapporti confusi con la patria. Il suo comportamento masochista nei riguardi della Svizzera nuoce al nostro paese e anche all’integrazione: quando ci si rifiuta d’impegnarsi per la Svizzera, non ci si deve meravigliare di vedere l’emergere di società parallele fra i migranti, oppure delle correnti estremiste come l’Islam politico occupare lo spazio rimasto vuoto. Coloro che negano e disprezzano la patria, sono poi anche i primi ad accalcarsi alle porte dell’Unione europea allo scopo di distruggere definitivamente le basi dell’identità svizzera.»

Conclusione: coloro che s’impegnano per una Svizzera libera e sicura non possono che votare UDC il prossimo autunno. L’UDC è il solo partito che si batte affinché la Svizzere e gli Svizzeri possano di nuovo decidere loro stessi se degli stranieri possano vivere e lavorare in Svizzera oppure no.

L’UDC è il solo partito che s’impegna senza tregua da quattro anni contro l’accordo-quadro con l’UE, il cosiddetto accordo istituzionale. Oggi, qualche mese prima delle elezioni, riceviamo sì un po’ di sostegno dalla sinistra a causa della minaccia di sopprimere la protezione dei salari, ma comprendiamo bene a quale gioco stia giocando la sinistra, quando sentiamo Levrat dichiarare: «Noi vogliamo di nuovo negoziare dopo le elezioni.» Lo sappiamo bene: il PS vuole spingere la Svizzera nell’UE e l’accordo-quadro è un passo importante in questa direzione. È quindi evidente che la sinistra farà, presto o tardi, delle concessioni in termini di protezione dei salari. L’UDC, invece, non si piegherà. Mai accetteremo la ripresa automatica di leggi straniere, dei giudici stranieri e una minaccia di sanzioni se la Svizzera osa disobbedire. Qui come altrove: solo l’UDC si batterà fino all’ultimo per la libertà.

Noi chiediamo delle pene più severe
L’UDC s’impegna anche per una maggior sicurezza all’interno del paese quando esige delle pene più severe nel dibattito sull’armonizzazione del quadro penale. Lo «sconto penale» accordato ai recidivi deve essere soppresso; la durata massima delle pene detentive deve essere portata da 20 a 60 anni; la violenza e le minacce verso le autorità e i funzionari devono essere punite più severamente. Inoltre, l’UDC chiede l’introduzione di pene minime per i reati di pornografia infantile e di pedofilia. I matrimoni con fanciulli devono pure essere perseguiti più severamente. Ecco un altro problema che s’è aggravato a causa dell’immigrazione.

E infine, ci battiamo per la salvaguardia della nostra bella patria, come ho detto all’inizio del mio intervento. Per questa ragione, l’UDC si oppone a una legge sulla pianificazione del territorio che proibisce qualsiasi sviluppo dello spazio rurale e a una politica agricola che obbliga la Svizzera a importare ancora più derrate alimentari dai quattro angoli del mondo. Ecco la visione globale che si riflette nel nostro programma politico per la prossima legislatura. Con il nostro slogan «Liberi e sicuri – lo voglio, lo voto» ci lanciamo altamente motivati in questa campagna per il nostro meraviglioso paese, per la nostra patria.

Albert Rösti
Albert Rösti
Consigliere nazionale Uetendorf (BE)
 
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