Discorso

Un regime d’immigrazione autonomo per il nostro paese

L’immigrazione è come l’acqua. Se riesci a incanalarla e gestirla diventa una preziosa risorsa, ma se la lasci scorrere senza alcun controllo, presto o tardi, essa si abbatte come una inondazione sulla popolazione e sul paese. Ed è esattamente ciò che sta succedendo in Svizzera a seguito dell’entrata in vigore della libera circolazione delle persone.

Marco Chiesa
Marco Chiesa
Consigliere nazionale Ruvigliana (TI)
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Oggi possiamo frenare questo flusso migratorio fuori controllo solo riprendendo saldamente in mano le redini della nostra immigrazione e decidendo in piena autonomia a chi e a quali condizioni è permesso lavorare e soggiornare in Svizzera e anche chi se ne deve andare. Questo era l’intento che animava l’iniziativa contro l’immigrazione di massa e dunque lo spirito dell’articolo 121a della nostra Costituzione federale.

Nulla di scandaloso, nulla di rivoluzionario. Quando uno sconosciuto suona il campanello, come padroni di casa abbiamo il diritto di decidere se accoglierlo tra le nostre quattro mura. Perché non dovremmo poter fare la stessa cosa quando si tratta del nostro Paese? È una questione di buonsenso, il buonsenso di coloro che non rinunciano a proteggere la propria Patria e non temono per questo di essere additati come “populisti”. Lo sapete tutti care amiche e amici, tra i benpensanti di sinistra e del centro domina incontrastata la sudditanza nei confronti dell’Unione europea e si minimizza volentieri l’impetuosa inondazione proveniente dall’UE. Se non che un’immigrazione netta di ben 800’000 persone in un decennio, ciò che corrisponde a più di due volte la popolazione del Canton Ticino, non è facile da nascondere sotto il tappeto. E al loro “tout va bien Madame la Marquise” la gente non crede più. Nei salotti buoni della politica tuttavia non c’è alcuna vergogna per aver calpestato il volere del popolino svizzero. Anzi, le sperticate lodi di Bruxelles per come è stato magistralmente sabotato il 9 febbraio, sono state festeggiate con grandi pacche sulle spalle e larghi sorrisi tra i gatti e le volpi che si muovono a Palazzo.

Cari delegati, approfitto volentieri di questa importante occasione per condividere con voi alcune brevi riflessioni di chi vive e lavora a sud delle Alpi, dove si soffre terribilmente la degenerazione del mercato del lavoro causata dalla libera circolazione delle persone. Non vi sarà sfuggito che da sempre noi abbiamo coerentemente sostenuto le battaglie UDC per l’autodeterminazione e per la salvaguardia della sovranità del nostro Paese. Fin dal lontano 1999 quando in votazione abbiamo pesantemente e consapevolmente con 65% respinto il pacchetto degli accordi bilaterali I.

In Ticino non rifiutiamo di principio la via bilaterale, teorizzata dopo la bocciatura dello Spazio economico europeo. Ma i miei concittadini sono stati facili profeti temendo le fatali conseguenze di una sregolata immigrazione di massa. A causa di questa sciagurata concessione il mio Cantone infatti si è rapidamente trasformato in una terra di conquista per imprenditori speculatori e per quell’economia senza etica che non deve trovare né sponde né amici nel nostro partito. I 16 contratti normali emanati dal Consiglio di Stato con imposizione di salari minimi parlano chiaro. Il dumping salariale esiste, la sostituzione del personale svizzero con quello straniero è in atto e la preferenza indigena, che una volta tutelava i residenti, è stata definitivamente rottamata. E noi, nella nostra Sonnenstube, tanto bella quanto martoriata, sorridiamo amaramente quando le élites intellettuali del nostro Paese pretendono di insegnarci che in Svizzera conosciamo esclusivamente l’immigrazione di personale con competenze introvabili sul nostro territorio o di manodopera disposta a fare lavori che a noi non interessano più. Ci sentiamo veramente presi in giro, in particolare quando leggiamo gli studi tendenziosi espressamente voluti per celebrare gli effetti positivi della libera circolazione. Studi scritti con l’inchiostro pagato dal contribuente e al servizio di un’ideologia succube e servile nei confronti di Bruxelles. Ma ricordiamoci, con orgoglio, che la Svizzera non era una realtà economicamente sottosviluppata o ripiegata su se stessa prima degli accordi bilaterali I e non lo sarà neppure se avrà il coraggio di rivendicare la sua sovranità e indipendenza.

Nessuno di questi luminari ha però mai trovato il coraggio di dire a chiare lettere ciò che va detto. La libera circolazione è anticostituzionale. È contraria ai principi voluti dal popolo e alla legittima ambizione degli svizzeri, di tutelare le generazioni future e il nostro Paese. Questa è la verità! Il 16 dicembre 2016 a Berna è stato consumato uno spregiudicato tradimento. L’UDC, il partito del popolo svizzero, ha il dovere di combattere questa subdola colonizzazione da parte dell’Unione europea e dei suoi collaborazionisti in Patria. Poi possiamo vincere o possiamo anche perdere ma ciò che non ci è concesso è di nasconderci in trincea e di rinunciare a lottare per i nostri ideali e i nostri principi.

La libera circolazione non smetterà di mettere in ginocchio i nostri padri di famiglia, gli ultracinquantenni caduti in disoccupazione e le nuove generazioni in cerca del primo impiego. Quest’ultima categoria ha toccato poi punte prossime al 12% di disoccupazione ai sensi dell’organizzazione internazionale del lavoro. Cifre e dati ben differenti da quelli che ama mettere in risalto la stampa. A loro piace citare la SECO che rileva solo una porzione della vera disoccupazione presente in Svizzera, quella dei disoccupati iscritti. E allora sfugge in quel lusinghiero 3%, la sofferenza di migliaia di svizzeri. Tutte le persone in assistenza ad esempio, 8’000 in Ticino, i lavoratori sottoccupati 18’000, e le persone che per i più svariati motivi non sono registrate presso gli uffici di collocamento. Proprio tra queste fila, che si sono drammaticamente ingrossate raddoppiando rapidamente il loro numero, si annida l’angoscia e la disperazione di una classe media in balia dell’immigrazione di massa. Mentre assistiamo inermi all’esplosione dei frontalieri impiegati che sono passati in men che non si dica da 35’000 a 65’000 occupati. Grazie alla libera circolazione quest’anno, per la prima volta nella sua storia, in Canton Ticino conteremo più lavoratori occupati stranieri che svizzeri. Si, care amiche e cari amici, la libera circolazione ha attratto nel nostro Paese moltissimi stranieri, in particolare lavoratori con qualifiche professionali medio basse, che nella Svizzera intravvedono l’Eldorado. Per compiacere all’Unione europea abbiamo lasciato la porta aperta alla frustrazione del personale locale e permesso che si facesse strada il timore per il nostro futuro e per quello dei nostri figli. Da un punto di vista socioeconomico abbiamo calciato un rigore nella nostra porta rinunciando a governare autonomamente le leve dell’immigrazione.

Care amiche, cari amici, l’immigrazione è come l’acqua. E se noi intendiamo nutrire questo nostro fazzoletto di terra evitando che le inondazioni lo spazzino via e lo snaturino, siamo chiamati quest’oggi a lanciare con convinzione l’iniziativa per disdire la libera circolazione delle persone con l’Unione europea. Cercheranno di denigrarci, cercheranno di metterci in cattiva luce, cercheranno di impaurire la popolazione, ma noi non possiamo tremare davanti a questa sfida. La Svizzera ha bisogno di noi. Vorrei lasciare ai miei figli in eredità un Paese orgoglioso, capace di autodeterminarsi, esattamente come l’ho ricevuto in dote e come l’ho conosciuto nei libri di storia mentre affascinato leggevo di come gli svizzeri primitivi non si fossero piegati al cospetto dello strapotere degli Asburgo. Allo stesso modo di quegli eroi, padri della Patria, anche sulle sponde del lago Ceresio, i Luganesi a fine settecento hanno scacciato con veemenza i Cisalpini provenienti da Campione d’Italia al grido “Liberi e svizzeri”.

Sono convinto che oggi dobbiamo ripensare alle nostre radici e ricordare il coraggio e la determinazione dei nostri avi.

In fondo se non possiamo essere veramente liberi, se non possiamo decidere in autonomia del nostro futuro, non potremo neppure mai considerarci veramente svizzeri.

Marco Chiesa
Marco Chiesa
Consigliere nazionale Ruvigliana (TI)
 
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